domenica 4 marzo 2007

VITA. Giovanni Nervo: «Gratuità, tesoro a rischio»



Di Sara De Carli
Fonte: vita.it


Non c'è nessuno come lui che conosca la vita del volontariato italiano. Da 30 anni ne segue con passione e con severità la crescita. Giovanni Nervo, fondatore della Caritas...


Giovanni Nervo è il patriarca del volontariato italiano. La sua lunghissima biografia ha accompagnato passo passo la crescita del terzo settore italiano. Nel 1971 ha fondato la Caritas italiana, seguendo le indicazioni di papa Paolo VI: creare un organismo che non avesse solo un compito assistenziale ma anche pastorale e pedagogico. Sotto la sua guida la Caritas ha vissuto un passaggio che ha segnato un?epoca: il convegno Evangelizzazione e promozione umana nel 1976. Ma era stato il convegno nazionale Volontariato e promozione umana a dare l'avvio a una riflessione che avrebbe dato una sempre più incisiva rilevanza del volontariato nella società italiana. Quel convegno si tenna a Napoli nel 1975. Trentadue anni dopo, il volontariato italiano si ritroverà ancora una volta nella città partenopea per far il punto su ben diverse sfide. E a ragionare sulle provocazioni che ancora un volta Giovanni Nervo gli lancia dalle colonne di Vita.


Vita: Dalla sua lunga esperienza, come giudica lo stato di salute del volontariato in Italia?
Nervo: Sto pubblicando un libretto con il titolo C'era una volta il volontariato? Ha un futuro il volontariato? È un po' il mio testamento etico-culturale su un fenomeno che seguo da vicino da oltre 30 anni. È singolare che la Conferenza si tenga a Napoli, dove 32 anni fa, nel 1975, la Caritas ha organizzato il primo convegno nazionale del volontariato, su proposta di Luciano Tavazza. Il volontariato è cresciuto in fretta, con alcuni problemi di adolescenza, ora ha le complessità di chi, diventato adulto, ha messo su famiglia, ha anche qualche capello bianco, sintomo di incipiente vecchiaia. È ancora in buona salute, ma con qualche problema: è quanto dirò in quel libretto.


Vita: Quali problemi?
Nervo: Principalmente uno: il rischio di perdere il senso della gratuità. Lo dico sempre: attenti che di soldi il volontariato può morire...


Vita: Oggi siamo permeati da una cultura economicistica e sganciata da appartenenze culturali. Il volontariato non ha saputo difendere la propria originalità?
Nervo: Nella evoluzione di questi trent'anni, il volontariato ha sperimentato il passaggio dal lavoro volontario gratuito alla convivenza con la cooperazione sociale, con qualche perdita di identità nella confusione fra volontariato e impresa sociale, enti non profit, onlus, economia sociale. Questo non facilita certo lo sviluppo del volontariato come lavoro gratuito.Vita: Quali sono secondo lei gli stimoli che possono accendere nei giovani l?interesse per il volontariato? Nervo: Il contatto diretto con le umiliazioni e le sofferenze delle persone emarginate e con esperienze di volontariato autentico. È una ?malattia? che si prende per contagio.


Vita: L'esperienza del servizio civile è utile in tal senso?
Nervo: È stata molto utile l'esperienza del servizio civile degli obiettori di coscienza quando erano obiettori autentici e venivano impiegati in programmi seri di assistenza e di lotta contro l'emarginazione. Tanto è vero che molti obiettori che non avevano avuto una precedente esperienza di volontariato, finito l'anno di servizio obbligatorio hanno continuato il servizio come volontari. Anche l'esperienza del nuovo servizio civile può essere utile ad accendere nei giovani l?interesse per il volontariato se i progetti in cui vengono impegnati sono veri progetti di promozione sociale e di lotta alla esclusione sociale, se viene curata bene la formazione e se il servizio civile non viene sfruttato per riempire vuoti e per risparmiare sui costi dei servizi.


Vita: In una sua intervista leggo: «Attenti alle mistificazioni, all'eccesso di valorizzazione del volontariato: volontario è aggettivo, da accostare a persona e lavoro. Il volontariato ha valore prima di tutto in quanto è lavoro umano, non perché è gratuito: quello è un valore aggiunto, ciò che vale è il lavoro umano. La prima forma doverosa di solidarietà non è il volontariato ma fare bene il proprio lavoro». Vuol dire che lei denuncia uno sfruttamento del volontariato dei giovani da parte di associazioni/cooperative che potrebbero invece dare spazio a professionalità impegnate nel sociale? Molti giovani si accostano al servizio civile con questa aspettativa: è un male o è un'aspettativa legittima?
Nervo: La Costituzione italiana, all'art. 1, dice che «L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro» ? non sul volontariato. E all'art. 4 dice che «Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un?attività o una funzione che concorra al progresso materiale e spirituale della società». Il volontariato è certamente una realtà di alto e nobile valore, ma bisogna evitare il pericolo che una superesaltazione metta nell'ombra il valore del lavoro normale con cui ognuno provvede a mantenere se stesso e la sua famiglia. Il valore costitutivo del lavoro è che è lavoro umano, sia esso pagato o gratuito: la gratuità è valore aggiunto, non valore costitutivo. Il volontariato è espressione volontaria di solidarietà. Prima vengono le solidarietà dovute - gli inderogabili doveri di solidarietà -, come ad esempio far bene il proprio lavoro, far funzionare bene le istituzioni, pagare le tasse, partecipare alla vita politica almeno con il corretto uso del voto. Se non ci fosse un adempimento coscienzioso della solidarietà dovuta, quella volontaria si ridurrebbe ad ipocrisia e alienazione. Il rischio non sta nel valorizzare la solidarietà gratuita, ma nel trascurare il valore della solidarietà dovuta.


Vita: E la sua denuncia su un rischio di sfruttamento del volontariato?
Nervo: Il pericolo c'è, in forme diverse, sia da parte di enti pubblici, sia da parte di associazioni e cooperative. Certe forme di consistenti rimborsi spese a forfait non raramente nascondono lavoro nero. Il discorso del servizio civile è diverso. Il servizio civile volontario non è volontariato; ha in comune con il volontariato la libera scelta e spesso il campo in cui opera.


Vita: C'è il rischio che oggi il volontariato organizzato sia più preoccupato a garantirsi come apparato che a salvaguardare e difendere questo patrimonio di gratuità?
Nervo: Mi pare che il pericolo sia abbastanza evidente, soprattutto quando si tratta di occupare spazi politici o accaparrarsi risorse economiche. I Centri di servizio possono limitare questo pericolo se sanno incoraggiare e sostenere le piccole associazioni di volontariato di paese, di quartiere, di parrocchia, piuttosto che i grandi organismi che, se vogliono, hanno risorse proprie per i propri servizi senza ricorrere a quelle dei Centri di servizio. Il mio, evidentemente, è un discorso controcorrente.


Vita: Il governo Prodi per sensibilità è certamente più vicino al mondo del volontariato di quello Berlusconi. Però troppi esponenti dell'associazionismo hanno fatto il salto dall?organizzazione alla politica. Non sarebbe utile e sano mantenere sempre una demarcazione, che è garanzia di libertà rispetto al potere? 
Nervo: Io penso che sia una cosa positiva che elementi che si sono maturati socialmente nell'esperienza di volontariato si rendano disponibili ad assumere responsabilità politiche, nelle amministrazioni locali, nei partiti, nei sindacati. In un momento come quello attuale, in cui, a differenza dei primi 30-40 anni dopo la guerra, non ci sono più luoghi e sedi di formazione politica, il volontariato potrebbe costituire una buona scuola per preparare mano mano la nuova dirigenza politica. Il problema è che i nuovi politici non pensino di utilizzare le associazioni di volontariato come bacini di voti; e che dall'altra parte le associazioni di volontariato non pensino di sfruttare per i propri interessi gli amici che hanno mandato nella vita politica. Quindi chiara distinzione e nessuna reciproca strumentalizzazione.


Vita: Da Vilma Mazzocco arriva questa critica sulla Conferenza di Napoli: come già con Berlusconi si punta ad un rapporto diretto tra potere e volontariato, saltando le reti intermedie. Il programma della conferenza un po' conferma questa sensazione. Secondo lei il valore delle reti è patrimonio imprescindibile del volontariato italiano?
Nervo: Per me il problema è quello di sempre: da chi sono costituite le reti? Se sono costituite da volontariato, cooperative sociali, associazioni di promozione sociale, ciascuno si presenti con la sua carta di identità. Se la Conferenza di Napoli è Conferenza del volontariato, è logico che le altre componenti della rete rimangano a casa. La preoccupazione di Vilma Mazzocco è giusta, perché in questo mondo si lavora in rete. Il problema a mio avviso non è il rapporto diretto tra potere e volontariato, anche perché le sedi di potere con cui è in rapporto il volontariato non sono solo a Roma, ma ancor più nelle Regioni e nei Comuni.


Vita: L'alternativa logica sarebbe una Conferenza nazionale del terzo settore?
Nervo: Può essere. Ma le tre componenti fondamentali del terzo settore si sentirebbero sufficientemente e adeguatamente espresse e rappresentate? A meno che non si pensi a una Conferenza nazionale multipla, a tre teste, che lavorano in alcuni momenti da sole, in altri momenti insieme.