giovedì 11 aprile 2013

Ultrà truffati: usa il figlio di 5 anni per spillare dei soldi

Di Sebastiano Vernazza
Fonte: La Gazzetta



Milano, 10 aprile 2013

A Genova un papà finge che il bimbo sia molto malato e ottiene 70mila euro in beneficenza dai tifosi e dal Genoa

Speculare sulla salute di un bambino di cinque anni, per imbrogliare centinaia di persone. Da Genova rimbalza una storia allucinante. Un tifoso del Genoa (F.R.) ha chiesto agli ultrà della Gradinata Nord di raccogliere fondi per il proprio figlio, malato - a suo dire - di una grave patologia al polmone destro e bisognoso di costoso intervento chirurgico in Svizzera. Procura e polizia giudiziaria hanno scoperto che si tratta di un raggiro e il papà è indagato per truffa. L’imbroglio è stato svelato ieri in una conferenza stampa organizzata dai capi della tifoseria organizzata rossoblù. "Siamo indignati - hanno detto i leader del tifo genoano - e ci attiveremo in tutte le sedi per recuperare il maltolto, restituire il denaro a chi l’ha versato ed ottenere giustizia". Uno dei loro avvocati, Stefano Sambugaro, ha confermato: "Ci costituiremo parte civile".

LA RACCOLTA — Quando riceve la richiesta d’aiuto, la Nord si mobilita, coinvolge tifoserie di altre squadre (Juve, Inter, Milan, Samp, Atalanta). Parte una sottoscrizione, alimentata attraverso la vendita di cappellini, magliette e altri gadget. I tifosi mettono assieme circa 40 mila euro e li versano sui conti di "Un cuore grande così", onlus che coordina le iniziative di beneficenza dei tifosi rossoblù. Si muove il Genoa: società e giocatori fanno una colletta e "bonificano" 25 mila euro. Padre e figlio vanno in visita alla sede rossoblù. In totale si raggranellano 70 mila euro, somma indicata dal padre per l’intervento.


LA FARSA — Una delegazione di ultrà va a trovare il piccolo Matteo a casa e lo trova tutto bendato. Sul comodino tante scatole di medicine. Il padre spiega che "l’operazione è andata a bene" e mostra una falsa certificazione: si scoprirà poi che aveva scaricato cartelle cliniche da qualche sito internet e le aveva taroccate. Prima di una partita casalinga del Genoa, il bimbo, ristabilitosi, dovrebbe compiere un giro di campo per ringraziare i tifosi, ma piove, fa freddo, e il papà dice che non è il caso. Sono le banche ad accorgersi che qualcosa non torna. Qualcuno avverte la onlus: "Guardate che il signore i soldi non li ha spesi in ospedali o medicine, ma per cose personali". Partono le indagini di Procura e polizia giudiziaria. Si scopre che il padre-truffatore, un artigiano in cattive acque, ha usato gran parte del denaro ricevuto per pagare i suoi debiti. Si appura che il bambino non ha nulla di grave, una lieve forma di asma come unica patologia. Si accerta che la madre del bimbo, separata dal marito, è all'oscuro di tutto. La Procura riesce a salvare parte del denaro, 27 mila euro che il padre imbroglione cerca invano di sbloccare. "E poco prima che venisse scoperto - racconta uno dei capi ultrà del Genoa - ci ha chiesto 150 euro per comprare dei farmaci... Ha provato a fregarci fino all’ultimo". La famiglia del reo si è impegnata a restituire i 43 mila euro mancanti all’appello.

LA RESA DEI CONTI — Non soltanto i tifosi perseguiranno il signor F.R., anche il Genoa gli presenterà il conto in tribunale: "Pure noi siamo parte offesa - dice l’amministratore delegato Alessandro Zarbano - e procederemo con una querela nei confronti di questo soggetto". Zarbano con amarezza scrive il titolo della storia: "Non c’è limite al peggio".

mercoledì 10 aprile 2013

La truffa della beneficenza

di g.maz
Fonte: Corriere della Calabria



Gli inquirenti hanno ricostruito come agiva l'organizzazione cosentina. Pettorine e brochure su attività benefiche ma i soldi venivano divisi tra i sodali

Una vera e propria organizzazione criminale dedita alle truffe. Così il gip di Cosenza Enrico Di Dedda definisce le due onlus di Rende “Il Sorriso” e “Il Cuore”. Il sistema era semplice quanto ignobile, i membri delle due associazioni si presentavano come volontari intenti a raccogliere fondi per finalità assistenziali. I soldi così raccolti, invece di essere destinati ad attività benefiche, finivano direttamente nelle tasche dei sodali del gruppo. Grazie a una lunga attività investigativa i carabinieri del Comando provinciale di Cosenza sono riusciti a ricostruire le modalità con cui agiva il gruppo. I luoghi prescelti erano soprattutto i centri commerciali, in Calabria ma non solo. La presenza dei finti volontari è stata segnalata a Siracusa, Olbia, Catania, Casalecchio di Reno (Bologna), Valmontone (Roma), Verona, Brescia e Mantova. Le “vittime” venivano avvicinate dai membri dell'organizzazione che si presentavano in coppie indossando delle pettorine con la scritta “Volunteer”. Ai potenziali donatori venivano mostrate brochure in cui erano illustrati gli scopi benefici dell'attività, la sede dell'associazione, il sito web, i recapiti telefonici. Tutto, almeno  all'apparenza, in regola. Se gli ignari cittadini, convinti di fare beneficenza, effettuavano una donazione in cambio ottenevano una ricevuta con l'importo versato. Quei denari, però, finivano per scopi molto meno nobili. «Le intercettazioni telefoniche e gli accessi bancari e postali – scrive il gip nell'ordinanza – hanno ampiamente dimostrato come le somme raccolte per la beneficenza fossero divise, scorporate le spese vive, tra gli organizzatori del sodalizio fraudolento e i loro adepti».
Al vertice del gruppo ci sarebbe stato, secondo le accuse, Sandro Daniele. Era lui a mettere a disposizione la base logistica dell'associazione ospitata nella palestra “Scorpion Health Club” a Rende. Per gli inquirenti era sempre Daniele a fornire «ai sodali il denaro necessario per le spese di viaggio, di vitto e di soggiorno, nonché i mezzi per raggiungere le diverse città». Nelle sue mani finivano, poi, «i proventi delle singole truffe perpetrate».