mercoledì 26 gennaio 2011

Haiti, rischio sottomissione da aiuti internazionali

Fonte: affaritaliani.it


Bois Caiman, 22 agosto 1791: il sacerdote vudù Boukman lancia la rivolta degli schiavi, che porta alla nascita del primo Paese “nero” indipendente del mondo.

Port-au-Prince, 12 gennaio 2010:
in 35 secondi un terremoto devasta Haiti. Sbarcano 20.000 marines.
La copertina
Oggi la comunità internazionale, Stati Uniti in testa, con la “scusa” della ricostruzione sta mettendo il futuro del Paese sotto tutela, rubandogli di fatto l'indipendenza. E il popolo haitiano rischia, ancora una volta, di restare escluso dai piani per il proprio sviluppo.
La voce degli abitanti dell'isola caraibica nel libro "Haiti, l’innocenza violata".

Gli Autori:

Marco Bello. Giornalista e fotografo, dal 1992 percor­re l’America Latina e l’Africa. Arrivato ad Haiti per la prima volta nel 1995, vi ha poi vissuto e ha lavorato al settimanale in lingua creola Libète. Nel 1999, con Paolo Moiola, ha vinto il premio giornalistico “Lorenzo Nata­li”, con un servizio su Haiti. Si occupa di cooperazione internazionale con l’Ong Cisv ed è redattore al mensile Missioni Consolata.

Alessandro Demarchi.
Dopo una prima esperienza in Bolivia è approdato ad Haiti nel 1991. Vi ha poi lavorato come insegnante volontario tra il 1993 e il 1996. Si spe­cializza in lingua e cultura creola. Con la moglie haitiana si divide tra Torino e Port-de-Paix. Dal 2001 fa parte dello staff dell’Ong Cisv.


HAITI. L’INNOCENZA VIOLATA
Chi sta rubando il futuro del Paese?
(pagg. 172, € 13,00)
di Marco BELLO e Alessandro DEMARCHI
Prefazione di Maurizio Chierici
Postfazione di Camille Chalmers
Con un saggio inedito di Laënnec Hurbon


“L’utopia della dignità”, testo scritto dal giornalista Maurizio Chierici per il libro di Marco Bello e Alessandro Demarchi "Haiti. l’innocenza violata" - ©Infinito edizioni 2011

Agli haitiani è rimasta una speranza: non sparire dalle prime pagine dei giornali. Quei corpi ammucchiati come legna o sciolti nelle strade devono perseguitarci fino a quando prende forma una solidarietà non solo concreta: matura. Non provvisoria: dialogante. Lontana dai ricatti provvidenziali dei Piani Marshall, quegli aiuti in cambio di insediamenti militari o domìni commerciali che hanno permesso all’Europa di rifare le spalle forti.

La scommessa è ricostruire nel pozzo nero di Haiti una società civile in grado di manifestarsi senza piangere la carità. C’è stato il momento delle emozioni e dei sentimenti; tasche che si aprono e promesse gridate che di settimana in settimana diventeranno centesimi. È sempre andata così. Il primo massacro nelle nostre guerre di pace o le prime banche che balbettano, trasformeranno Haiti in un incubo da rimuovere. Così lontano, poi.Lettori che cambiano pagina, telecomando che cerca risate a buon mercato. Non se ne può più.

Il presidente della Repubblica francese Nicolas Sarkozy (imitato dal ministro degli Esteri italiano Franco Frattini) invita a «rimettere i debiti», esercizio dell’ipocrisia travestita da generosità. In realtà i debiti sono già rimessi, Haiti non potrà mai pagare e i debitori devono fare l’esame di coscienza. Finché non è rimasto niente abbiamo portato via tutto e gli haitiani sono diventati nessuno. Se la barca dei balseros cubani si rovescia nel mare della fuga a Miami, sappiamo nome per nome, faccia per faccia, come Fidel «costringe a morire» chi non è d’accordo con il regime. Negli ultimi dieci anni, novemila haitiani sulla strada dell’esilio clandestino sono naufragati nel Golfo del Messico. Forse diecimila, forse otto: anche i numeri restano incerti. Dei nomi neanche parlarne. Ombre. Vive o morte non contano.

Il terremoto apre una scommessa eccitante per la cultura delle società avanzate: trasformare Haiti nel laboratorio universale del Duemila. Come disegnare sulle macerie le città del sole di Campanella nell’aggiornamento di uno Stato normalmente civile. Con l’acqua nel rubinetto, la lampadina che si accende (oggi solo nel 10 per cento delle case) e l’alfabeto che lega alla vita di tutti. Riammettiamoli al mondo progettando assieme la repubblica della dignità. Dignità è una parola che torna ogni volta a tutela dei deboli, ma resta un progetto difficile da concretizzare per le cattedrali delle mafie, degli affari, della politica, croste che resistono ai secoli: impossibile ricostruire dalle fondamenta la società ideale.

Si può ripartire da zero riducendo all’urgenza i cerotti provvisori della solidarietà porta a porta con l’obiettivo non sconvolgente di un normale equilibrio sociale. Intervento radicale e qualche indicazione. Il pulviscolo delle ong, la cui percentuale ad Haiti è inutilmente la più alta del mondo, va inserito in strategie di settore guidate non dalla politica dei Paesi egemoni ma da un’inedita assemblea di giuristi, pedagoghi, tecnici, medici, religiosi di ogni tendenza. Direttorio del mondo nuovo da inventare nello spazio di un piccolo Paese. Heinrich Böll ripeteva che nel momento in cui si dice o si scrive una cosa ragionevole viene derisa come utopia. Questo libro ci porta in mezzo agli haitiani, ad ascoltare la loro voce, le loro visioni sulla ricostruzione o «rifondazione» del Paese e della società. Le «forze vive» della nazione chiedono di partecipare alla definizione del futuro, ma questo diritto viene loro sottratto dai grandi della terra grazie alla complicità del governo haitiano. Ascoltare queste voci ci porterà a creare un legame di solidarietà con questo popolo, per andare oltre la carità. Sarà anche questa pura utopia?

lunedì 17 gennaio 2011

Haiti: La repubblica delle ONG

di Samuel Jaberg
Fonte: swissinfo.ch
traduzione e adattamento: Andrea Clementi

L'arrivo in massa delle ONG ad Haiti dopo il sisma ha ulteriormente accelerato il disimpegno di uno Stato già ridotto all'osso e corrotto a tutti i livelli. Una situazione che ha conseguenze drammatiche sulla capacità di reazione della popolazione civile. Reportage.


Distante due ore di automobile da Grand-Goâve, alla fine di una strada caotica, frequentata da qualche moto e alcuni muli, il dispensario di Meyer è preso d'assalto già di buon mattino.

Nel cortile una bambina denutrita cerca di sottrarsi alla pesa. Davanti all'entrata una trentina di pazienti segue attentamente le spiegazioni sulla prevenzione contro il colera fornite da due collaboratori di Terre des Hommes.

Le autorità e gli operatori umanitari
stilano il bilancio delle iniziative attuate
 nel comune di Grand-Goâve. (swissinfo)
Qui si trova il solo centro medico per i 10'000 abitanti dispersi tra le spoglie colline che si perdono a vista d'occhio, risultato del processo di deforestazione che non ha ancora finito di danneggiare Haiti. L'edificio non è caduto, ma i pezzi di muro spaccati testimoniano la violenza del terremoto che ha colpito il paese il 12 gennaio 2010.

L'amministratore del centro, un impiegato del ministero della sanità, è assente. Qui – come altrove – la funzione dello Stato è ormai puramente di rappresentanza, se non addirittura di predatore delle pochissime risorse a disposizione. I salari, le medicine e gli integratori alimentari sono forniti da Médecins du Monde, vera e propria spina dorsale del sistema sanitario nella zona.


Medici cubani
A Port-au-Prince – e nella maggior parte delle regioni del paese – i dottori cubani e quelli di Médecins sans frontières si sono sostituiti allo Stato nella fornitura delle cure di base. Già assente prima del sisma, quest'ultimo lo è ancora di più oggigiorno. I ministeri sono infatti agonizzanti – il 35% dei funzionari sono deceduti a causa del terremoto – e l'arrivo in forze delle organizzazioni non governative ha scavato un fossato tra l'impotenza statale e l'esercito umanitario.

L'arrivo del personale straniero ha pure originato degli effetti secondari perversi – incremento degli affitti, arricchimento dei signorotti locali, aumento delle disuguaglianze sociali – e ha suscitato speranze irrealistiche in una popolazione priva di tutto.

In questo contesto, il comportamento irresponsabile di alcuni attori umanitari non ha certo facilitato le cose. Médecins du Monde e le altre organizzazioni presenti da tempo nella regione hanno infatti constatato con sgomento l'arrivo di ONG americane «che distribuivano il denaro della colletta domenicale alla popolazione, versandone una parte ai signorotti locali», dice François Zamparini, coordinatore generale della sezione elvetica di Médecins du Monde ad Haiti.

Inoltre, fornendo cibo in grandi quantità, queste ONG hanno rovinato il paziente lavoro di accompagnamento e di sostegno alla produzione agricola iniziato da anni.


Falle nell'aiuto d'urgenza
Anche se la separazione tra le associazioni serie e quelle prive di qualsiasi capacità organizzativa è avvenuta durante i primi mesi, alcune lacune dell'aiuto d'urgenza sono ancora visibili.

All'uscita di Grand-Goâve sorge un campo di tende blu, con il logo di Samaritan’s Purse, un'ONG evangelica ancora molto presente sul posto. Ciononostante, qui non si vede anima viva. «Si tratta di un campo fantasma, come ne esistono parecchi nella regione. Le persone venivano qui durante il giorno per ricevere gli aiuti alimentari, e alla sera rientravano a casa», spiega François Zamparini.

Per una popolazione disperata le ONG rappresentano – dopo Dio – l'unica ancora di salvezza. E spesso l'aiuto umanitario costituisce il "braccio armato" del proselitismo praticato dalle ONG protestanti nordamericane.

Dal canto loro, i politici locali strumentalizzano abilmente questa situazione per garantirsi la rielezione. Per esempio, il sindaco di Petit-Goâve ha organizzato alcuni mesi or sono una manifestazione per denunciare un'ONG statunitense, in ritardo nel rifacimento di una strada.


«Amore e perdono»
Nel vicino comune di Grand-Goâve, il suo omologo Salam Joseph dispone – contando anche le sovvenzioni statali – di un budget annuale di 75'000 franchi per una popolazione di circa 125'000 anime. «Senza il sostegno internazionale non possiamo fare nulla», ammette. Una situazione che lo disturba: «Ne va della mia popolarità».

Incapace di effettuare una valutazione – anche sommaria – delle abitazioni necessarie nel suo comune, il sindaco di Grand-Goâve si affida all'OCHA (Office for the Coordination of Humanitarian Affairs), l'agenzia delle Nazioni Unite incaricata di coordinare gli interventi umanitari.

Il suo responsabile locale, Jean Bosco, è lapidario. «Per quanto riguarda gli alloggi provvisori non ho né un bilancio né prospettive da comunicare. Queste strutture sono costruite in base alle risorse delle ONG e non alle esigenze della popolazione», afferma durante la riunione settimanale tra autorità comunali e rappresentanti delle associazioni umanitarie.

Al sindaco di Grand-Goâve servirebbero però informazioni più dettagliate. Infatti, in occasione delle cerimonie di commemorazione del 12 gennaio il politico intende illustrare alla popolazione le azioni intraprese sotto la sua egida. Per il 2011, Salam Joseph ha già definito i due strumenti per placare i lamenti dei suoi cittadini: «L'amore e il perdono».


E poi?
Combinato con l'onnipresenza dell'aiuto umanitario, questo disimpegno dello Stato – osservabile in tutti i settori – «ha conseguenze drammatiche per la società civile di Haiti, in quanto le ONG, ammortizzando l'onda d'urto, privano la popolazione della capacità di reagire, di rivoltarsi».

La colpa va attribuita in parte alle persone che oggi si sostituiscono allo Stato assente: «I proprietari terrieri del nord sono le stesse persone che hanno distrutto il sistema sanitario del sud con politiche di smantellamento del servizio pubblico. In questa considerazione sono riassunti tutto il rischio e tutta l'ambiguità dell'azione umanitaria», spiega il rappresentante di Médecins du Monde.

L'organizzazione in questione milita per la gratuità delle cure e per una presa a carico autonoma – a medio termine – del sistema sanitario da parte dello Stato. Secondo François Zamparini, l'accesso alle cure, rese gratuite dopo il sisma, non è mai stato soddisfacente come adesso. Ma cosa capiterà quando l'ora della mobilitazione internazionale sarà passata, e il testimone passerà a uno Stato e una popolazione sempre più indeboliti?

sabato 15 gennaio 2011

Si sperimenta il vaccino della malaria. Le cavie sono i bimbi africani

di Antonio Mazzeo
Fonte: Tirrenonews.it


bimbo africano
Si sperimenta il vaccino della malaria. Le cavie sono i bimbi africani
Per lo sviluppo del programma sono già stati investiti più di 500 milioni di dollari e lavorano fianco a fianco i ricercatori di un colosso mondiale del settore farmaceutico e i migliori medici delle forze armate USA. Sponsor, l’onnipotente padrone delle nuove tecnologie informatiche. Si tratta della sperimentazione di un nuovo vaccino contro la malaria, nome in codice “RTS,S/ASO2”. 

Una speciale unità dell’esercito statunitense in Kenya (USAMRU-K) e la multinazionale britannica GlaxoSmithKline (GSK) stanno eseguendo decine di migliaia di test su bambini e neonati in alcuni dei villaggi più poveri del continente africano. Il tutto sotto l’occhio vigile di US Army Africa, il comando delle forze militari terrestri in Africa istituito a Vicenza che tra gli scopi annovera il “supporto delle missioni mediche di US Army nel continente nero”. È nel Muriithi-Wellde Clinical Research Centre di Kombewa, città della provincia di Nyanza (Kenya), che i dati della sperimentazione del vaccino vengono raccolti ed analizzati dal team di USAMRU-K. 

“La nostra unità dipende dal Comando per la Ricerca Medica dell’US Army (USAMRMC) che ha sede a Fort Detrick, Maryland, ma noi stiamo coordinando le attività nel continente con l’US Africa Command (AFRICOM) di Stoccarda e US Army Africa di Vicenza”, spiega il portavoce di USAMRU-K. “A Kombewa è in avanzata fase di sviluppo la ricerca sull’efficacia del vaccino contro la malaria, malattia trasmessa da zanzare infette. 

USAMRU-K partecipa alla sperimentazione di quello che potrebbe diventare il primo vaccino anti-malarico per bambini. I partecipanti ricevono cure gratuite per la durata di tre anni scolastici. Una volta provata la sua sicurezza ed efficacia, il vaccino potrà essere immesso sul mercato. Lo studio odierno nasce da una partnership con la PATH Malaria Vaccine Initiative (MVI) e la compagnia farmaceutica GlaxoSmithKline (GSK)”. Per lo sviluppo del vaccino, GSK ha già investito 300 milioni di dollari e altri 100 verranno spesi nei prossimi due anni. Al finanziamento delle ricerche ha contribuito con 107,6 milioni di dollari l’organizzazione statunitense “no-profit” Path, utilizzando un fondo ad hoc della Bill & Melinda Gates Foundation, la fondazione “umanitaria” del magnate di Microsoft, Bill Gates. 

Il vaccino RTS,S/AS02 è stato creato nel 1987 nei laboratori del Belgio di GSK Biologicals (una partecipata Glaxo) ed è stato testato la prima volta nel 1992 su “alcuni volontari” negli Stati Uniti d’America, grazie alla collaborazione dell’US Walter Reed Army Institute of Research, l’istituto di ricerca medica dell’esercito USA con sede a Washington. La prima campagna di sperimentazione ad ampio raggio dell’RTS,S ha però preso via in Africa nel 1998 e nel biennio 2002-2003 i test sono stati eseguiti sulla popolazione “adulta” dei villaggi di Kombewa nel Centro clinico co-gestito da USAMRU-K. 

“I test fornirono dati incoraggianti in termini di sicurezza e immunogenicità, così a partire della fine del 2003 è stata avviata la fase sperimentale “Ib” su 90 bambini della stessa aerea geografica, che ha prodotto risultati ancora una volta incoraggianti”, si legge in un report della GlaxoSmithKline. “Subito dopo è partita la fase “II”, condotta su oltre 2.000 bambini nel sud del Mozambico. I risultati di questo test, pubblicati dalla rivista medica The Lancet nel 2004 e 2005, hanno mostrato che l’RTS,S è stato efficace per un periodo di 18 mesi nel ridurre la malaria clinica nel 35% dei casi, e la malaria grave nel 49%”. 
Ignoto, ovviamente, cosa sia accaduto nel restante numero di casi, 1.300 bambini in carne ed ossa.

Qualche tempo dopo è stata avviata la fase sperimentale “”IIb” per determinare l’efficacia “a lungo termine” del vaccino anti-malarico. A far da cavie, stavolta, più di un migliaio di neonati di Kenya e Tanzania e un imprecisato numero di bambini in Mozambico. I risultati sono stati pubblicati l’8 dicembre 2008 dal New England Journal of Medicine: “In 340 bambini di età compresa tra i 5 e i 17 mesi, l’RTS,S/AS01 ha ridotto il rischio di episodi clinici di malaria del 53%, su un periodo di follow-up di otto mesi, quando è stato amministrato a 8, 12 e 16 settimane di età con un vaccino comune contenente antigeni per la difterite, il tetano la pertosse e l’haemophilus influenzae B (Hib). 

Lo studio ha inoltre riportato il 65% in meno nell’insorgenza delle nuove infezioni su un periodo di follow-up di tre mesi dopo la somministrazione delle tre dosi vaccinali”. Negli stessi mesi veniva realizzato un ulteriore test in Kenya e Tanzania su 894 bambini tra i 5 e i 17 mesi di età. “Si è valutata la sicurezza e l’efficacia dell’RTS,S/AS, combinato ad un altro Sistema Adiuvante di proprietà della GSK, noto con il codice AS01”, spiegano i responsabili della società farmaceutica. “Sono state somministrate ad ogni bambino altre tre dosi del vaccino sperimentale RTS,S/AS01 o il vaccino anti-rabbico

È stato provato che la formula RTS,S/AS01 riduce gli episodi di malaria clinica del 53% in un periodo medio di otto mesi. Studi successivi in Mozambico con l’utilizzo del vaccino RTS,S congiuntamente ad un Sistema Adiuvante differente della GSK (AS02) hanno provato il 35% di efficacia contro la malattia clinica per 18 mesi in bambini di età compresa tra uno e quattro anni”. Nel maggio 2009 ha infine preso il via la fase sperimentale “III” che ha visto la somministrazione del vaccino a più di 16.000 bambini di sette paesi dell’Africa Sub-Sahariana (Gabon, Mozambico, Tanzania, Ghana, Kenya, Malawi e Burkina Faso). 

Secondo US Army, nel centro clinico di Kombewa sarebbero stati sottoposti a test più di un migliaio di bambini di età compresa tra i cinque mesi e tre anni. “Il passo successivo sarà quello di trovare un altro migliaio di partecipanti che abbiano non più di sei settimane di vita”, spiega la responsabile del presidio militare. “Ciò significa ottenere la fiducia di nuove madri nei villaggi rurali, dato che esse partoriscono sempre in casa”. Un comunicato della GlaxoSmithKline in data 21 aprile 2010 afferma che “se sarà provata l’efficacia sui bambini tra i 5 e 17 mesi d’età, il nuovo vaccino sarà sottoposto ai controlli delle autorità sanitarie internazionali nel 2013”. 

Ulteriori dati sulla sicurezza e immunogenicità “saranno presentati quando essi saranno pronti”. “Se tutto andrà bene – prosegue GSK – la somministrazione generale dell’RTS,S ai bambini di età compresa tra le 6 e le 12 settimane di vita sarà possibile entro cinque anni”. Se tutto andrà bene, dunque. Male che va si potrà pensare di estendere la sperimentazione ad altre decine di migliaia di piccolissime cavie umane in tutto il continente africano.

Se appare incredibilmente spregiudicata e priva di etica la massiccia sperimentazione del vaccino in aree del continente dominate dalla fame, dal sottosviluppo, dall’analfabetismo e dall’assenza di qualsivoglia servizio primario, desta profonda inquietudine il ruolo assunto nella vicenda da un’unità “sanitaria” d’élite delle forze armate USA. USAMRU-Kenya vanta però una lunga tradizione nel campo della “ricerca scientifica” e della “prevenzione” delle infermità tropicali. 

In qualità di task force operativa estera del Walter Reed Army Institute of Research, l’unità fu inviata in Kenya nel lontano 1969 per avviare uno studio sulla tripanosomiasi, un’infezione parassitica trasmessa dalla mosca tse-tse. Nel 1973 USAMRU stabilì una propria sede permanente a Nairobi grazie ad un accordo con il Kenya Medical Research Institute. Negli anni successivi furono aperti laboratori nella capitale e nel Kenya occidentale (Kisumu, Kisian, Kombewa e Kericho) per la sperimentazione di farmaci contro malaria, tripanosomiasi, “malattie infettive globali emergenti” e l’HIV/AIDS. 

Proprio all’AIDS sono stati destinati gli sforzi maggiori più recenti: nell’ambito dell’United States Military HIV Research Program (USMHRP), lo staff di US Army sta sviluppando il vaccino HIV-1 ad efficacia globale e testando e valutando altri vaccini sperimentali contro l’AIDS. La sede del programma HIV è stata stabilita ancora una volta in Kenya, a Kericho, alla fine del 2000. 

Coincidenza vuole che a fine dicembre 2000 nasceva pure in Gran Bretagna la GlaxoSmithKline (GSK) grazie alla fusione di due grandi società farmaceutiche, Glaxo Wellcome e SmithKline Beecham. 

Con oltre 100 mila dipendenti e un fatturato di 34 miliardi di euro, GSK si colloca al secondo posto nel mondo con una quota di mercato del 5,6%, dietro il gruppo Pfizer. Il comportamento “etico” della multinazionale è stato duramente stigmatizzato da più parti e non sono mancati gli scandali che l’hanno vista direttamente coinvolta. Tra le fondatrici di EuropaBio, l’associazione-lobby che raggruppa le industrie che promuovono la legalizzazione della produzione e dell’impiego di cibi geneticamente modificati, GlaxoSmithKline è stata messa sotto inchiesta dalle autorità argentine a seguito della morte nel 2008 di 14 bambini sottoposti alla sperimentazione di un nuovo vaccino contro la polmonite e l’otite. Altri due bambini sarebbero morti durante analoghi test a Panama e Cile. 

Agli inizi del 2007 la GSK aveva cominciato la somministrazione di 15.000 vaccini contro lo pneumococco ad altrettanti bimbi minori di un anno in tre regioni del nord argentino, Mendoza, San Juan e Santiago dell’Estero. Secondo gli organi di stampa locali, i genitori, di origini umili, “firmavano senza sapere che si trattava di una sperimentazione in fase tre, direttamente su umani, di un farmaco che poteva comportare dei rischi”. Nonostante l’indagine, GSK ha iniziato a distribuire in tutto il continente africano il vaccino Synflorix “per combattere le malattie pneumococciche invasive”. 

Si tratta di un programma “umanitario” dal costo di 1,3 miliardi di dollari voluto da G8, Banca Mondiale e UNICEF, finanziato in buona parte dall’Alleanza pubblico-privato internazionale GAVI (Global Alliance for Vaccines and Immunisation), da cinque paesi donatori (Gran Bretagna, Canada, Russia, Norvegia e Italia) e dall’immancabile Bill & Melinda Gates Foundation. È prevista la distribuzione fino a 300 milioni di dosi prodotte da un impianto aperto dalla multinazionale a Singapore. 

Proprio un bell’esempio di mercato globale. Mentre fatturati e guadagni si moltiplicano inverosimilmente, il management di GSK ha varato un piano che prevede la chiusura a breve termine del Centro ricerche e produzione antibiotici di Verona, uno dei due impianti posseduti in Italia dalla società. A rischiare il licenziamento sono più di 600 lavoratori. Delocalizzazioni nel sud-est asiatico, test sui bambini africani, smantellamento dell’apparato produttivo in Europa. E nello sfondo la guerra, altro crimine del capitalismo dal volto sempre più disumano. 

Nell’ultima decade, la GlaxoSmithKline ha sottoscritto con il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti d’America ben 61 contratti per la fornitura di vaccini, farmaci e attrezzature sanitarie, per un importo complessivo di 75.555.579 dollari. Assai meno di quanto fatto però dal partner e “mecenate” Bill Gates: in computer, programmi e war games, Microsoft-Gates ha fatto affari con il Pentagono per 278.480.465 dollari. Due volte e mezzo in più di quello che è stato reinvestito per i nuovi vaccini contro la malaria. 

martedì 11 gennaio 2011

Haiti repubblica delle Ong, console italiano denuncia: “Vanno controllate, spariscono i soldi”


Dal terremoto che ha sconvolto l’isola di Haiti è passato oltre un anno ma, secondo, il console onorario italiano Giovanni De Matteis la situazione è ancora ”catastrofica”. Intervenendo nella trasmissione televisiva “Uno mattina” il console ha spiegato che ad Haiti non c’è ”alcun controllo” sugli aiuti che arrivano dall’estero e per questo ”ci vorrebbe una commissione in grado di controllare dove finiscono” i soldi che vengono inviati per l’emergenza post terremoto.
Un milione di persone – ha aggiunto De Matteis – sono ancora sotto le tende e la campagna elettorale ha portato via tutti gli aiuti destinati alla popolazione”. Secondo il console, inoltre, Haiti è diventata ”la Repubblica delle Ong: ce ne sono più di 10 mila e non si sa cosa fanno e come spendono i soldi. Gli è stato chiesto un bilancio e solo il 20% delle Ong ha potuto presentarlo”.
Anche per questo De Matteis ha chiesto una commissione ”in grado di controllare dove finiscono gli importanti aiuti che giungono dall’Unione Europea, dagli Usa e dagli altri paesi”. E, rispondendo ad una domanda sul ruolo di controllo che avrebbe dovuto avere in questo senso l’Onu, spiega che l’operato delle Nazioni unite e’ stato ”molto contestato” e questo ”è uno dei grandi problemi”.
La denuncia di De Matteis segue di pochi giorni un articolo dell’Huffington Post in cui si osservava come, su 1,4 miliardi di fondi raccolti per l’isola, solo il 38% sia stato effettivamente distribuito agli haitiani. Il sospetto, qualcosa di più, del blog Usa è che gran parte della cifra sia in realtà stata utilizzata proprio per il mantenimento delle centinaia di organizzazioni presenti sul territorio.
Il ministro degli Esteri Franco Frattini invece, sempre parlando ad “Uno mattina” difende il governo italiano che, a suo giudizio,  ”ha fatto moltissimo” dalle prime ore dopo il terribile terremoto di Haiti inviando squadre di pronto intervento ”per far fronte alla disperazione” dei primi momenti.
Sempre secondo il ministro l’aiuto è continuato con ”contributi economici importanti”, arrivati, tra quelli per il terremoto e quelli per il colera, a 70 milioni di euro.  ”Ora – ha concluso Frattini – continuiamo con l’assistenza economica, umanitaria, e con interventi importanti per la fornitura di medicine”.

lunedì 10 gennaio 2011

Falsa beneficenza, torricellese indagato per truffa

Fonte: La Voce di Manduria

Falsa beneficenza, torricellese indagato per truffa.

Si tratta di un’associazione di volontariato dedita alla raccolta di fondi per scopi socio-asistenziali, i cui beneficiari dovrebbero essere famiglie con bimbi bisognosi. E’ accusato di truffa aggravata e continuata Cosimo De Padova, 63 anni, originario di Torricella ma residente a Taranto, presidente e tesoriere (a partire dal gennaio del 2005) dell’associazione onlus “Angeli Azzurri”, con sede a Lecce in via Orsini del Balzo e operante in tutta l’Italia. Si tratta, in particolare, di un’associazione di volontariato dedita alla raccolta di fondi per scopi socio-assistenziali, i cui beneficiari dovrebbero essere famiglie con bimbi bisognosi. De Padova, però, secondo quanto emerso dalle lunghe e approfondite indagini condotte dai finanzieri del Comando provinciale di Lecce, avrebbe sottratto gran parte dei soldi incassati. In soli quattro anni, dal 2005 sino al 2008, l’associazione avrebbe ricevuto oltre 532mila euro con il pretesto di aiutare dei bambini gravemente malati. Di questa cifra, però, solo una piccola parte, pari a poco più di ventottomila euro, sarebbe stata effettivamente donata a sei famiglie di varie province d’Italia. La raccolta avveniva attraverso diverse modalità: con il metodo porta a porta, un sistema collaudato attraverso il quale un esercito di 235 soggetti pseudo volontari bussavano nelle case dei cittadini sensibilizzandoli ai singoli casi. Per ogni donazione veniva rilasciata una ricevuta. Nel corso delle indagini le fiamme gialle hanno acquisito circa 3.000 blocchetti composti da 50 ricevute ciascuno. Poi c’erano i salvadanai, circa 700, distribuiti in tutta Italia e posizionati in bar e attività commerciali per circa 3 mesi. Trascorso tale periodo i salvadanai erano raccolti e aperti dallo stesso tesoriere dell’associazione, senza che a presenziare alle operazioni vi fosse un notaio e senza che fosse mai stilato un verbale che attestasse la somma raccolta. La raccolta, infine, avveniva attraverso il call-center, che contattava direttamente i potenziali donatori inviando loro successivamente una busta con la brochure dell’associazione e un conto corrente su cui eseguire i versamenti. Un’attività più che redditizia, pubblicizzata anche attraverso il sito internet dell’associazione. Le indagini sono tuttora in corso. Gli inquirenti sono al lavoro per cercare di capire che fine abbiano fatto i soldi e arrivare a una stima più precisa delle somme incassate anche nel 2009 e 2010. Difficile riuscire a stabilire quanto incassato con i salvadanai, anche se le fiamme gialle sono al lavoro per trovare qualsiasi traccia utile all’inchiesta. L’associazione “Angeli azzurri”, è bene ricordarlo, era tra quelle non riconosciute, priva dei requisiti per ottenere benefici fiscali. Le vittime della presunta truffa, cioè le persone che hanno donato in tutti questi anni, sarebbero migliaia, sparse su tutto il territorio nazionale. A loro si aggiungerebbero le famiglie dei bambini, la cui sofferenza sarebbe stata sfruttata solo per ingannare e incassare denaro. Cosimo De Padova, già condannato per danneggiamento, ingiurie, minacce e detenzione di monete falsificate, è ora indagato a piede libero per truffa aggravata in concorso con altre persone. Secondo quanto riscontrato dai finanzieri, l’uomo avrebbe già costituito una nuova associazione onlus denominata “Un cuore per un amico”.

domenica 9 gennaio 2011

Haiti: Dove sono finiti 1,4 miliardi di dollari raccolti in Usa?


Dopo il devastante terremoto che ha colpito Haiti un anno fa, dozzine di importanti organizzazioni senza scopo di lucro ed associazioni filantropiche hanno raccolto oltre un miliardo di dollari, esattamente 1,4 miliardi da destinare ai soccorsi e alla ricostruzione del Paese caraibico. Peccato che meno del 40 per cento di quella somma sia stato impiegato per i fini per i quali era stato donato. Il rimanente non si sa che fine abbia fatto? Ingrassa i conti correnti delle organizzazioni umanitarie? è stato dirottato per altri scopi, leciti ma forse anche illeciti? aspetta che si presentino occasioni propizie per aiutare gli haitiani senza spechi?
Nessuno lo riesce a capire, i responsabili interpellati sono stati evasivi a dire il meno. Si tratta di un vero e proprio scandalo che è stato denunciato dal giornale on line Huffingtonpost.com nella sua edizione di venerdì sera e lasciato lì in home page come monito per il risveglio del week end degli americani.
Secondo Huffington Post, nel corso dell’ultimo anno, questi gruppi hanno speso centinaia di milioni perchè milioni di haitiani potessero avere acqua, servizi igenici, cibo ed altre forme di assistenza. Altri donatori hanno pianificato le loro spese, riservando fondi per progetti a lungo termine cruciali nella ricostruzione dell’isola.
Ma secondo rivelazioni dell’Huffington Post, alcune organizzazioni forniscono risposte vaghe se gli si chiede come e quando intendono spendere i milioni raccolti rimasti e custoditi nelle loro casse.
Nel 2010 gli americani hanno donato complessivamente oltre 1,4 miliardi di dollari destinati agli aiuti per Haiti, ma di questa enorme somma solo il 38 per cento  stato speso per soccorsi e ricostruzione, secondo un’indagine condotta dalla Chronicle of Philantropy su 60 delle principali organizzazioni che hanno raccolto gli aiuti.
The Huffington Post rileva a questo proposito che, per contro, quando nel 2005 l’uragano Katrina si abbattè sulle coste del Golfo del Messico devastando in particolar modo la Louisiana e la sua principale città, New Orleans, le organizzazioni assistenziali spesero l’80 per cento del denaro raccolto.
Il sito denuncia questa riluttanza ad utilizzare per Haiti i fondi reperiti pubblicando una lunga lista di associazioni che hanno raccolto le somme, ma che ne hanno speso solo una parte, trattenendo il resto.

domenica 2 gennaio 2011

Finti contratti di solidarietà, truffa all'Inps da 200mila euro

Fonte: Il Resto del Carlino


I contratti prevedono una riduzione dell'orario di lavoro e dei salari: la Finanza ha però scoperto che una cooperativa di trasporti, in realtà erogava dei 'fuori busta' al personale e assumeva in nero nel periodo di ferie dei dipendenti



Pesaro, 11 gennaio 2011 - Una truffa da 200 mila euro ai danni dell'Inps e della Regione Marche quella messa a segno da una cooperativa di trasporti della provincia, attraverso finti contratti di solidarietà per i dipendenti, sottoscritti con i sindacati con la scusa della crisi economica.


Il contratto prevede una riduzione dell’orario di lavoro e dei salari (circa il 26%), compensata con i contributi dell’Inps e della Regione. La Guardia di Finanza ha però scoperto che la cooperativa, in realtà, erogava al personale dei ‘fuori busta’, facendo assunzioni in nero nel periodo di ferie dei dipendenti.


Il meccanismo messo in piedi dalla cooperativa è stato scoperto durante una verifica fiscale. Il legale rappresentante dell’azienda e 22 dipendenti sono stati denunciati per i reati di truffa aggravata nei confronti dello Stato e di enti pubblici, e per tentata truffa aggravata in relazione ai contributi liquidati ma non ancora erogati. 
Rischiano una condanna fino a sei anni di reclusione.