giovedì 17 luglio 2008

Sostenevano onlus finte e inducevano ragazze a prostituirsi: arrestati

di Serena Grassia
Fonte: julienews.it


Sgominata  un'organizzazione che effettuava truffe con il pretesto di sostenere alcune onlus in diverse città italiane.
L'operazione ha portato all'arresto di quattro persone tra le province di Padova, Pesaro e Treviso accusate, tra l'altro, di favoreggiamento della prostituzione.
Le truffe individuate sono almeno diciassette. "A vari esercenti venivano venduti spazi pubblicitari inesistenti, con il pretesto che partedel ricavato sarebbe stato devoluto ad associazioni benefiche, ad esempio attive nell'assistenza ai malationcologici. Inoltre, sono venuti alla luce episodi di adescamento di giovani donne attraverso annunci e maifesti con cui si proponevano servizi fotografici, con lo scopo reale di indurle a prostituirsi".

mercoledì 28 maggio 2008

Bambini abbandonati e adozioni truffa, cos'è peggio?

di Helen Clark
Fonte: IPS Notizie


HANOI, 27 maggio 2008 (IPS) - Mentre il Vietnam blocca l'accordo di regolamentazione delle adozioni con gli Stati Uniti, a seguito di un rapporto Usa che denunciava episodi di corruzione, vendita di bambini e allontanamento forzato delle madri naturali, il problema dei bambini abbandonati rimane irrisolto. 


Il blocco delle adozioni Usa in Vietnam a partire da luglio pone una drastica fine a una tendenza positiva che aveva visto l’adozione di 1.200 bambini vietnamiti nei 18 mesi precedenti al 31 marzo. Nel 2007, erano stati adottati 828 bambini vietnamiti, circa il 400 per cento in più rispetto al 2006, secondo le stime ufficiali.

Secondo il rapporto redatto dall’ambasciata americana, pubblicato a fine aprile, l’85 per cento dei bambini adottati era considerato “abbandonato”. Prima del 2002 (quando gli Usa avevano sospeso le adozioni a causa dei timori di corruzione, prima di una ripresa nel 2006), solo nel 20 per cento dei casi erano considerati tali.

I casi fraudolenti citati nel rapporto comprendevano quello di una nonna che aveva ceduto la nipotina mentre la nuora lavorava in un’altra provincia, e di un bambino portato via dall’ospedale perché la madre non poteva pagare il conto.

Secondo il rapporto dell’ambasciata, le truffe hanno origine dalla legge vietnamita sulle adozioni straniere, che richiede l’intervento di agenzie internazionali per finanziare gli orfanotrofi, prima di occuparsi delle adozioni.

Malgrado sia difficile raccogliere cifre esatte, risulta che in Vietnam i bambini vengano regolarmente abbandonati a causa di gravidanze fuori dal matrimonio considerate socialmente sconvenienti.

”I dati disponibili non sono affidabili”, ha detto all’IPS Caroline den Dulk, portavoce delle Nazioni Unite, che parla a nome dell’agenzia Onu per l’infanzia (UNICEF).

L’UNICEF lavora insieme al ministero del lavoro, degli invalidi di guerra e degli affari sociali (MOLISA), e al ministero della giustizia in aree in cui la politica e la legislazione che regolamentano orfanotrofi e abbandono dei minori sono una in fase di transizione. “Sarebbe necessario migliorare il sistema di raccolta delle informazioni”, ha detto den Dulk.

Come accade in tante situazioni tragiche, i casi individuali commuovono più dei tanti senza nome. Ad aprile, i quotidiani locali hanno raccontato la storia di Phung Thien Nhan, abbandonato alla nascita su una collina fuori dal suo villaggio impoverito. A soli 21 mesi, ha perso la gamba destra e i genitali dopo l’attacco di un animale selvatico, prima di essere ritrovato e portato in ospedale sul sellino di una motocicletta.

La gente andava a visitare il piccolo sopravvissuto miracolosamente, portando doni e qualche volta i propri bambini. Dopo due mesi di cure il piccolo era stato restituito alla sua famiglia, dove però aveva ritrovato una situazione di malnutrizione e complicazioni mediche per mancanza di cure adeguate.

Adottato dalla giornalista vietnamita Tran Mai Anh e dalla sua famiglia, la storia del bambino è tornata al centro delle cronache grazie soprattutto alla campagna di informazione di una scrittrice canadese, Elke Ray, amica della madre adottiva. La gente fa regolarmente visita alla famiglia portando doni e i propri bambini per giocare con lui. "Il paragone con i tanti bambini suoi coetanei emoziona tutti", ha detto Mai Anh, rispondendo alla domanda sul perché questo caso particolare avesse colpito tanto l’opinione pubblica.

”(Una simile attenzione) penso sia da attribuire all’entità delle sue ferite”, ha detto Ray. “Qui i bambini vengono abbandonati continuamente, e la gente preferisce non parlarne... non piace a nessuno pensare a certe cose”. Secondo Mai Anh, questa situazione è conseguenza della condanna diffusa delle madri non sposate, e dell’assenza di servizi sociali. “Le donne che abbandonano questi bambini di solito sono veramente povere”.

Paul Philips, responsabile di Charity Tuesday, organizzazione che fornisce cibo, medicine e trasporto a orfanotrofi privati (le cosiddette “case dell’amore”), è d’accordo con Ray. “I valori tradizionali sono ancora molto forti in diverse parti del paese, ed è da lì che arrivano la maggior parte dei casi di abbandono. È la disperazione assoluta, le donne non sanno a chi rivolgersi, non hanno nessuna assistenza sociale”.

L’8 aprile, il quotidiano “Thanh Ninen” ha raccontato la storia su “La fossa comune dei bambini abbandonati”, nella provincia centrale di Thua Thien-Hue. I due uomini di cui parla l’articolo avrebbero sepolto circa 30mila neonati indesiderati in 16 anni di straziante lavoro volontario.

Trong Viet Hieu ha detto al quotidiano di aver iniziato nel 1992, dopo il ritrovamento del cadavere di un neonato in una busta di plastica. Quando è stato intervistato, insieme al suo amico Truong Van Nang avevano appena scavato 40 tombe per la settimana successiva.

”Non capisco, leggere una cosa simile è terribile”, ha detto Leah Fitzgerald, operatrice volontaria australiana che vive in Vietnam da circa dieci anni. Negli ultimi 14 mesi ha cercato di adottare un bambino vietnamita, ma l’Australia non ha un accordo con il Vietnam sulle adozioni, e quindi non può passare attraverso un’agenzia ufficiale.

”Loro (il ministero della giustizia) non sono interessati”, ha raccontato Fitzgerald all’IPS. “Non ne traggono alcun vantaggio, io sono una sola persona”. Le hanno detto diverse volte che non ci sono bambini disponibili, raccomandandole di “arrivare a un accordo” personale con qualche famiglia, per poi fare richiesta scritta.

La gente spera che le cose migliorino. “È evidente che l’attenzione dei media sta crescendo e anche la preoccupazione dell’opinione pubblica”, ha detto den Dulk.(FINE/2008) 

mercoledì 19 marzo 2008

Finti volontari truffano 40 persone.

In manette tre giovani napoletani.
Si spacciavano per rappresentanti dell'associazione 'U.N.A.M.I.C.', affiliata 'ONLUS', e tramite artifizi e raggiri sono riusciti a truffare oltre 40 persone facendosi consegnare somme di denaro destinate a malati ed infermi. Arrestati 3 napoletani
Fonte. LaNazione.it



Firenze, 18 marzo 2008 - Per farsi dare soldi dai commercianti di Montespertoli, Impruneta, Tavarnelle e San Casciano, si sono finti volontari di un'associazione che assiste persone malate. Ma sono stati scoperti dai carabinieri e arrestati con l'accusa di truffa. In manette sono finiti tre persone, A. S., 27 anni, B. C., 21 anni, e P. A. D., 35 anni, tutti originari di un comune in provincia di Napoli. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri, la truffa avrebbe fruttato ai tre circa mille euro. Gli arrestati, secondo quanto emerso da successivi accertamenti, erano già stati denunciati per reati analoghi compiuti in altre province italiane.


Si spacciavano per rappresentanti dell'associazione 'U.N.A.M.I.C.', affiliata 'ONLUS', e tramite artifizi e raggiri sono riusciti a truffare oltre 40 persone tra commercianti e privati cittadini, facendosi consegnare somme di denaro destinate, a loro dire, a malati ed infermi. È quanto accaduto nella giornata di ieri ai danni di residenti di Montespertoli, San Casciano V.P., Tavarnelle V.P. e Impruneta in provincia di Firenze.


Protagonisti della truffa, invece, sono stati tre pregiudicati originari di Castello di Cisterna,in provincia di Napoli che prima di essere fermati dai carabinieri erano riusciti a racimolare quasi mille euro in contanti. Si tratta del 
27enne S.A., del 21enne C. B. e del 35enne A.D.P..


I primi due sono stati arrestati dai carabinieri della Stazione di Montespertoli che li hanno sorpresi mentre erano 
intenti a raccogliere i soldi da alcuni commercianti del centro cittadino. Alla richiesta dei militari di mostrare loro la documentazione inerente l'attività svolta, i due, mostrando solo una serie di depliants e opuscoli informativi, dichiaravano di essere delegati dall'associazione 'U.N.A.M.I.C.', affiliata 'ONLUS', a raccogliere fondi in favore di persone gravemente malate ed inferme. I successivi accertamenti, consentivano di appurare che sulla associazione gravava un formale provvedimento di cancellazione dell'associazione dall'anagrafe 'ONLUS' e che pertanto i due non erano assolutamente legittimati ad richiedere denaro ai privati cittadini. Dai blocchetti di ricevute in possesso ai due si poteva, altresì, evincere che gli stessi, nella solo giornata di ieri, erano riusciti a truffare, facendoli cadere in errore per mezzo di artifizi e raggiri, almeno 30 cittadini e commercianti, nei comuni di Montespertoli, Tavarnelle V.P. e San Casciano V.P., facendosi elargire indebitamente la somma complessiva di 710 euro. Per questo i due campani sono stati arrestati con l'accusa di truffa. Ulteriori accertamenti hanno consentito di accertare, che la medesima tecnica era stata utilizzata anche da un altro pregiudicato campano, sicuramente complice dei primi due, nella zona di Impruneta. Anche qui, l'uomo è riuscito a truffare circa dieci persone tra cittadini e commercianti, ricevendo circa 250 euro in contanti. Grazie alle indicazioni ricevute dai Carabinieri di Montespertoli, i militari della Stazione di Impruneta sono riusciti a rintracciare la terza persona A.D.P e ad arrestarlo con la stessa accusa di truffa.


Le verifiche dei militari hanno tra l'altro consentito di accertare che i tre erano stati già controllati in diverse province d'Italia e, in particolare, erano già stati denunciati dai carabinieri di Rieti e Genova sempre per lo stesso reato.

sabato 8 marzo 2008

Ciad: tornano a casa "orfani" rubati da falsa ong francese

Fonte Vita

Rientro nelle rispettive famiglie dei 103 'orfani' del Ciad coinvolti nello scandalo dell'Arche de Zoe.


Il governo del Ciad ha autorizzato il rientro nelle rispettive famiglie dei 103 'orfani' del Ciad coinvolti nello scandalo dell'Arche de Zoe. I bambini - ospitati in un orfanotrofio del Ciad - verranno restituiti ai famigliari prima possibile, ha reso noto l'Unicef.


Sei cooperanti della Ong francese erano stati sorpresi dalle forze dell'ordine ciadiane il 25 ottobre scorso all'aeroporto di Abeche, nella parte orientale del paese, mentre stavano per imbarcarsi su un volo con i bambini, che volevano fare adottare in Europa, perche' - avevano spiegato - erano orfani della regione sudanese del Darfur. Successivamente pero' era emerso che i bimbi non erano del Darfur ma prevalentemente originari del Ciad e che la maggior parte di loro aveva i genitori.


Alcune di queste famiglie avevano spiegato che quando i bambini erano stati portati avevano creduto che venissero trasferiti in una citta' vicina per permettere loro di frequentare la scuola. Il caso aveva provocato molte proteste anti-francesi in Ciad e i sei operatori dell'Arche de Zoe erano stati condannati il 26 dicembre da un tribunale di N'djamena ad una pena di otto anni di lavori forzati. Le autorita' ciadiane avevano quindi accolto la richiesta di un trasferimento dei cittadini francesi in patria dove la condanna era stata commutata il 28 gennaio scorso in otto anni di reclusione.

venerdì 15 febbraio 2008

ONG: dove finiscono i nostri soldi? Il business della beneficenza

di Francesca Caferri

Fonte: La Repubblica


Il business della beneficenza torna sotto i riflettori dopo lo scandalo Unicef in Germania: ecco cosa succede in Italia
Carità per i cristiani, zakat per i musulmani, dana per i buddisti. Mai come oggi, un gesto antico e semplice come la donazione ai più poveri è diventato complesso e insidioso. Il nome Unicef, che evoca assistenza per i bambini di tutto il mondo, è appena stato infangato da uno scandalo finanziario in Germania, che ha portato alle dimissioni del presidente e del direttore. Pochi mesi fa la Francia ha dovuto affrontare una crisi internazionale provocata dall´Arca di Zoé, la piccola Ong diventata il simbolo dell´interventismo selvaggio nei paesi poveri. Sei volontari sono ancora in carcere per aver tentato di rapire più di cento bambini alla frontiera tra Ciad e Sudan. In Spagna, lo scorso anno l´organizzazione Intervida è finita sotto inchiesta per appropriazione di fondi destinati alle adozioni a distanza, come già successe a un´associazione di Genova, tre anni fa. Ed è ancora aperta l´inchiesta dell´Unione europea su alcune associazioni italiane accusate di abusi nell´utilizzo dei finanziamenti Ue. 
Ci si può fidare di chi lavora in nome della beneficenza? È possibile controllare chi dice di dedicarsi agli altri? Se si, come? Domande legittime, se si considera che solo il 17,8% delle 350mila onlus italiane utilizza uno strumento di trasparenza come il bilancio sociale e che lo scorso anno a queste associazioni sono arrivati 193 milioni di euro solo tramite il 5 per mille. «La strada per l´inferno è lastricata di buone intenzioni» maligna Jordi Raich, un ex dirigente spagnolo di Medici Senza Frontiere. «L´Arca di Zoé non è la pecora nera, nel gregge ormai l´eccezione sono le pecore bianche. Negli ultimi anni - continua - sono proliferate Ong incompetenti e fittizie che nel migliore dei casi si dedicano ad arricchirsi, nel peggiore invece usano il marchio della beneficenza per coprire reti di pedofilia, finanziamento di gruppi estremisti, evasione fiscale, traffico d´armi». Giulio Marcon, presidente di Lunaria, è diventato la coscienza critica del Terzo Settore italiano. Pur essendo meno catastrofista del collega spagnolo, avverte: «Fidarsi è difficile dappertutto. Da noi, è quasi un azzardo».
Ettore Abate, revisore di conti per la Ernst & Young. «Se dovessi dare un consiglio a un donatore italiano - spiega - gli direi di chiedere innanzitutto il bilancio sociale della Ong che ha scelto di sostenere». Creato negli anni scorsi, questo documento è un primo passo verso la trasparenza dell´attività di associazioni che, in nome del non profit, a lungo sono sfuggite a qualsiasi controllo. «Oltre ai dati economici, vengono pubblicate informazioni qualitative in grado di illustrare i risultati della "mission" dell´organizzazione», spiega Abate. Eppure questo strumento da noi è quasi ignorato: non essendo obbligatorio per legge - come invece accade in molti paesi europei - solo un´associazione su sei lo utilizza. La trasparenza comunque non è tutto: bilancio alla mano, chi sarebbe in grado di decifrare cosa si nasconde sotto "servizi finanziari" e "materie prime", fare la differenza tra "promozione progetti" e "fundraising" o capire se i costi del personale in missione sono compresi alla voce generale "stipendi" o a quella "costi del progetto in loco"? Altro problema: in Gran Bretagna e Francia la rendicontazione dei singoli progetti è obbligatoria, in Italia no: eppure questo è un modo per garantire ai donatori che i soldi devoluti a una finalità non siano poi stornati verso altre missioni o altri scopi. E´ in nome di questo principio. ad esempio, che nel 2005 Medici Senza Frontiere bloccò le donazioni per lo Tsunami una volta raggiunta la cifra necessaria alle operazioni.
«I bilanci dovrebbero essere comprensibili e accessibili da tutti» dice Carlo Laganà, partner di Deloitte, un´altra società specializzata nella certificazione dei conti. In Italia, concordano gli esperti, il cittadino-benefattore parte davvero svantaggiato. Le amministrazioni pubbliche sono più tutelate: ogni finanziamento alle Ong deve essere poi oggetto di un riscontro, ma per i privati non ci sono disposizioni simili. Anche nel caso del 5 per mille, da cui le Ong hanno tratto nel 2006 quasi 193 milioni di euro, le autorità pubbliche non hanno imposto l´obbligo di fornire riscontri ai cittadini. «Diciamo che i controlli non piacciono a nessuno. Anche le Ong fanno resistenza» osserva Marcon, che all´ambiguità degli aiuti umanitari ha dedicato un libro.
Per comprendere l´affidabilità di un gruppo, la certificazione dei bilanci da parte di terzi - facoltativa ma praticata dalle più grandi organizzazioni umanitarie - è una prima garanzia importante: dimostra che c´è stato un controllo indipendente. Ma neanche questo è sufficiente. «Quello che serve davvero per conquistare la fiducia di chi ci finanzia è la continuità - racconta Daniele Scaglione di Action Aid Italia - da noi ci sono sei persone incaricate di tenere contatti con i donatori. Cerchiamo di far sapere nel modo più dettagliato possibile dove vanno i soldi». Sforzo lodevole ma, ancora una volta, del tutto volontario. In Germania, per esempio, esiste dal 1893 lo Deutsches Zentralinstitut für soziale Fragen che si occupa di controllare e certificare le Ong. L´unico tentativo di creare un´Authority italiana del settore sta fallendo. Il presidente dell´Agenzia per le Onlus, Stefano Zamagni, ha avvertito che, con i tagli previsti dei fondi, l´organismo governativo incaricato della vigilanza sul non profit potrebbe chiudere entro agosto. Consola poco il fatto che il problema sia comune: quando la Federazione europea per l´etica e lo sviluppo ha inviato 4000 questionari sul tema trasparenza alle più grandi ong europee, sono tornate indietro meno del 10 per cento delle risposte.
Peccato, perché il Terzo Settore avrebbe davvero bisogno di più regole e controlli. Negli ultimi quattro anni in Italia le Ong sono aumentate del 23% e così il flusso di denaro che si è riversato verso associazioni, fondazioni, cooperative sociali. «Fino agli anni Trenta - ha scritto il giornalista americano David Rieff, autore di "Un giaciglio per la notte" - solamente i missionari, occupati a salvare le anime, o i comunisti, intenti a fomentare la rivoluzione, agivano sulla base di un sistema di valori ispirato alla solidarietà universale». Dalla guerra del Biafra (1963) in poi si è invece sviluppato l´umanitarismo non governativo e trasnazionale e i soggetti sono diventati migliaia, così come le loro attività. Da noi lo tsunami è stato uno spartiacque tra i gruppi di volontari vecchia maniera, legati a un´idea romantica delle missioni, e le nuove aziende umanitarie con stipendi pressoché identici alle multinazionali dell´industria. In quel Santo Stefano 2004 si è capito che il nostro paese poteva essere un mercato ricchissimo per le Ong: oltre 47 milioni di euro furono raccolti solo attraverso gli Sms. «E´ stato allora che molte organizzazioni internazionali hanno deciso di aprire una succursale italiana» osserva Marcon. La figura del "fundraiser", dipendente o consulente specializzato nella ricerca di fondi, è diventata sempre più importante: il suo compito è affrontare la dura competizione sul portafoglio degli italiani. La beneficenza è diventata un gadget che spunta nelle liste di nozze, in mezzo a una partita di calcio, dentro al concorso a premi. Con effetti paradossali. Quale azienda investirebbe 600mila euro per ricavare soltanto 90mila, come nel 2006 è capitato per una campagna di fundraising di una grande Ong? I costi del marketing sono lievitati vertiginosamente fino a rappresentare in qualche caso quasi un quinto del bilancio delle associazioni.
Se nessun cittadino può pensare che un euro donato si trasformi integralmente in un euro di cibo o medicine trasportati dall´altra parte del mondo, perché tutte le Ong hanno dei costi di mantenimento necessari e legittimi, la domanda da porsi è: qual è la giusta proporzione? Negli Stati Uniti, gli esperti fissano un tetto del 30% alle spese di struttura di una Ong. Se un´associazione destina al progetto meno del 70% della donazione iniziale non è considerata efficiente. «Ricordiamoci però che a seconda della missione umanitaria i costi della struttura variano di molto. Un´organizzazione con personale medico specializzato avrà spese superiore a quella che distribuisce soltanto pacchi di riso e può utilizzare giovani volontari» specificano all´Istituto italiano per le donazioni, il primo, e finora unico, organo che propone una sorta di "certificazione" delle Ong. Nato tre anni fa, ha creato il marchio «donare con fiducia», slogan che riassume la crisi di credibilità del settore. «Abbiamo un filo diretto con i cittadini - racconta una delle responsabili, Lorena Varalli - E´ vero che oggi c´è una maggiore richiesta di garanzie da parte dei donatori, ma non bisogna lanciare allarmismi». La risposta delle Ong alla Carta della donazione è stata ancora timida: 28 sigle hanno aderito al marchio, altre 15 sono in attesa di passare tutti i controlli.
In questo universo del bene che sta diventando una gigantesca nebulosa si rischia di tornare ad antiche abitudini. «Dare dei soldi soltanto a chi si conosce, di mano in mano» dice Marcon. Più piccola è l´Ong, più è redditizia per i donatori, come dimostra una recente ricerca della società di analisi Un-Guru per il Sole 24Ore. In cima alla pagella di efficacia figura la Fondazione James non morirà (99,6% dei fondi raccolti effettivamente devoluti alla missione), che opera unicamente in Etiopia e si basa solo su lavoro volontario. «I gruppi piccoli hanno però un impatto ridotto - avverte Roberto Salvan, direttore del Comitato italiano per l´Unicef - Possono agire su una singola comunità o comunque in spazi limitati. Solo i grandi come noi sono in grado di agire subito di fronte a una crisi». Come altre agenzie delle Nazioni Unite, l´Unicef è stata spesso criticata per i costi di gestione troppo alti. «Ma - conclude Salvan - avere una struttura pronta ad agire in qualunque momento costa molto. Non bisogna illudersi».

mercoledì 30 gennaio 2008

Filantropia: quando la beneficienza si trasforma in business

di Emanuela Di Pasqua
Fonte. FERPi


A Davos è uno dei temi più caldi, mentre è stata studiata una linea, Product Red, appositamente dedicata ai Paesi in emergenza Aids. Uno speciale della webzine CNet sui nuovi protagonisti del capitalismo creativo.

Filantropia e miliardari, aziende etiche e profitto, aiuti umanitari e bilanci: ne parlano tutti in questi giorni, in occasione del World Economic Forum e alla vigilia del ritiro di Gates che, una volta congedatosi da Microsoft, andrà a gestire (con la moglie) a tempo pieno la società no-profit da 33 miliardi di dollari dedicata agli aiuti umanitari. CNet dedica uno speciale al tema, che per altro da tempo si è guadagnato l'attenzione dei media, i quali si chiedono se dietro a questa inedita attenzione ci possa essere anche un bisogno di espiazione da parte di molti magnate apparentemente senza scrupoli. Proprio a Davos, Gates ha coniato la locuzione, ripresa da molti osservatori, di capitalismo creativo, alludendo proprio a un modo di fare business non solo responsabile, ma addirittura umanitario. La questione è che si può trasformare la beneficenza in business, utilizzando le forze che regolano i mercati per aiutare le nazioni più povere, soprattutto provvedendo al loro fabbisogno farmeceutico, per curare o attenuare patologie per le quali esistono i medicinali, ma i costi spesso non sono accessibili. Basta fare ciò che si sa fare insieme ai Paesi in via di sviluppo.
In questa direzione va per esempio l'iniziativa della linea di prodotti Red, la società di branding anti-aids fondata da Bono degli U2: per la vendita di ogni prodotto di questa linea una determinata quota viene destinata ai Paesi più coinvolti da questa emergenza. Micosoft e Dell per esempio commercializzeranno computer con marchio Red, ma non sono le uniche aziende ad aver aderito al progetto filantropico. Insomma non solo è possibile un capitalismo attento e responsabile, ma addirittura le ragioni del profitto possono coincidere con quelle umanitarie. Inutile dire che Bill Gates non è l'unico miliardario che si è fatto trascinare dalle buone cause. Intanto Microsoft rende noti i bilanci trimestrali e porta a casa risultati più che soddisfacenti, snobbando addirittura la débacle borsistica di questi giorni. Evidentemente il capitalismo creativo funziona.