lunedì 25 luglio 2011

Quando la solidarietà diventa business: il caso Sisifo

Fonte: Mediterranews.org



Il Tribunale di Patti, (ME)  ha formulato una grave accusa “truffa aggravata e continuata” nei confronti di  Cono Galipò, rappresentante  legale del Consorzio di Cooperative Sociali “Sisifo”. La cooperativa, ricordiamo, tra il 2008 ed il 2010 ha  gestito il  Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) di Sant’Angelo di Brolo. Per il  Galipò,è stato chiesto il rinvio a giudizio, secondo quanto si legge su Left, la Procuratrice Rosa Raffa avrebbe firmato un dispositivo in cui si stabilisce che  ”il rappresentante del consorzio  si è procurato, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso”, l’imputato si sarebbe appropriato  ”di 40 euro oltre Iva al giorno per ciascun cittadino comunitario, con pari danno della Prefettura di Messina e del Ministero dell’Interno”. L’inchiesta ha dimostrato che per attivare la truffa tutto era molto semplice,  infatti bastava cambiare i tempi di soggiorno a quanto è stato calcolato l'illegittima permanenza al centro di 248 richiedenti asilo provenienti da Africa, Medio oriente e sud-est asiatico sarebbe stata complessivamente di 11.707 giorni e, conti alla mano, avrebbe comportato l’”ingiusto” esborso di 468.280 euro (+ IVA) a favore del consorzio. Per alcuni dei rifugiati si sono toccati tempi record: 33 tra uomini e donne, sono stati trattenuti nel Cara di Sant’Angelo di Brolo per più di 100 giorni dalla concessione del permesso di soggiorno, con i casi estremi di Mahamuud A. (309 giorni), Semere A. (288), Abdullah A.M. (231).” Conti che sono enormi, miliardari, ma Galipò si è persino giustificato “i profughi hanno semplicemente aspettato di essere trasferiti da un centro a un altro”. LegacoopSicilia e LegacoopSociali ha espresso e ribadito in una nota scritta,  ”piena fiducia” nella magistratura che “certamente farà chiarezza confermando la correttezza della gestione del Centro da parte del Consorzio, in ogni ambito improntata a criteri di trasparenza, correttezza e professionalità, in special modo nell’assistenza agli immigrati che ha visto Cono Galipò agire con profondo amore e passione praticando i valori della solidarietà…”. Galipò, che è anche un  ex sindacalista Cgil vede al suo fianco  pure la Cisl siciliana convinta che il Cara di Sant’Angelo ha offerto “servizi eccellenti sia in termini efficienza sia in termini di qualità, registrando pure una integrazione sociale tra la popolazione residente e gli ospiti”.


La vicenda della struttura di Sant’Angelo di Brolo, è come al solito controversa infatti apprendiamo online che nel settembre 2008 il Ministro degli Interni aveva deciso  di utilizzare il piccolo centro sporadicamente a causa delle manifestazioni della popolazione, poi però tutto si era placato e tramutato anche perchè molto dei lavoratori erano proprio di Sant’Angelo, la convenzione dunque viene data al Consorzio Sisifo che da quel momento gestirà tutti gli interventi di accoglienza e quanto altro, ovviamente le lamentele degli ospiti non mancano. Il non luogo fa in fretta a mostrare le altre mille ed una faccia. Il centro viene chiuso e convertito in velocità in una residenza sanitaria assistenziale per anziani non autosufficienti e disabili e la gestione affidata alla cooperativa “Servizi sociali” di San Piero Patti, il cui rappresentante legale è Cono Galipò, mentre direttore generale è il figlio Carmelo, consigliere comunale di minoranza a Capo d’Orlando. Insomma il gioco della matrioska viene perpetrato. Intanto Galipò fa carriera, viene
nominato amministratore delegato di Lampedusa Accoglienza, la società a responsabilità limitata costituita insieme a BlueCoop (Consorzio Nazionale Servizi di Bologna) che dal giugno 2007 gestisce il Centro di soccorso e prima accoglienza (CSPA) di Lampedusa. Il capitale che gira intorno ai migranti anche qui è altissimo, seppure pare limitato, la spesa quotidiana è di  33,42 euro, 16 euro in meno della gestione precedente, sembra infatti che la Bluecoop con Lampedusa Accoglienza abbia praticato un ribasso  di oltre il 30% . Nuove polemiche per il Galipò, ma facili risposte come sempre, “Gestiamo tutto attraverso grandi centri d’acquisto che ci permettono economie di scala”,  ”Le carte telefoniche, ad esempio, le compriamo direttamente da Tim, hanno 5 euro di valore in telefonate, ma a noi costano meno. Usiamo poi contratti d’inserimento lavorativo e altre forme che permettono sgravi contributivi”. (left)Più risparmi e più precarietà delle figure professionali occupate.Ma non finisce qui, Sisifo continua ad espandersi ogni dove, infatti da agosto 2010 gestisce il centro semidetentivo di Elmas situato a qualche metro dalle piste dello scalo aereo Mameli. Sisifo poi ha anche partecipato alle gare per i Cie di  èCie di Torino e Ponte Galeria (Roma),  Cie-Cara di Gradisca d’Isonzo e del centro di prima accoglienza di Borgo Mezzanone (Foggia).

venerdì 15 luglio 2011

Un'argentina ed il suo partner condannati per aver chiesto soldi per una finta ONG.

Fonte Terra.com
Traduzione dallo spagnolo Google Traduzioni.
(Suggerisci una traduzione migliore)



Una cittadina Argentina e il suo partner, un uomo della regione spagnola di Valencia (est) sono stati condannati a 4 anni di carcere per aver frodato alcune persone, che hanno ricevuto 223.600 € (313.000 dollari) come membri di una ONG falsa.
Secondo la sentenza a cui Efe ha avuto accesso, tra i mesi di febbraio e marzo 2008 la moglie, Estela TS, approvata dal presidente di una ONG che ha permesso agli investitori di ottenere grandi profitti, mentre l'uomo, Manuel SM ", grazie alla loro tedesco" è stato presentato come intermediario per una banca svizzera.
L'ONG è stata falsa pro umanità mondiale di solidarietà (OMHS), che avrebbe lavorato in un progetto di mensa per i bisognosi.
Nello svolgimento di tale attività simulata, sia contattato diverse persone ad investire "ingenti somme" di denaro promettendo di cambiare un "enormi profitti" come risultato di grande interesse, che, dice il procuratore, non è stato possibile se si trattava di una organizzazione non-profit.
Con questa struttura, è riuscito a catturare la cifra menzionata da convincere quattro persone, tre di loro vivono a Minorca (Isole Baleari) e il quarto a Bilbao (Paesi Baschi).
I quattro colpiti ripetutamente viaggiato nella regione di Valencia per incontrare i due imputati nella città di Masamagrell o aveva affittato un ufficio nella città di Valencia, uno spazio di lusso, dice il comunicato, "abbagliati le vittime".
Gli imputati rimborsa i soldi alle vittime investito oltre agli interessi legali, e pagare una multa di dieci mesi con una quota giornaliera di € 12 (16,8 dollari) ei costi dell'azione penale

sabato 9 luglio 2011

Salomon. Appello alla vergogna senza limiti

di Fulvio Beltrami


Fonte: Reset Italia


Un mio amico, anche lui impegato nel mondo umanitario, mi ha inoltrato un’email che ha ricevuto dalla Organizzazione Umanitaria Inglese: MERLIN.
L’oggetto dell’email era un appello a donazioni per far fronte alla crisi alimentare mondiale a seguito di una campagna che Merlin ha lanciato nell’Occidente intitolata: “Global Food Crisis Appeal” (Appello alla crisi alimentre mondiale).
L’email era composto da una appassionata lettera e da una fotografia di un bambino africano malnutrito.
Nella lettera si informava che e’ in atto una crisi mondiale dell’alimentazione dove un miliardo (ciffra tonda) di persone sono affamate, avvertendo che la malnutrizione e’ il principale causa di morte al mondo.
La lettera continua descrivendo le condizioni del bambino africano tutto pelle e ossa che viene chimato Salomon. Soffre di malnutrizione cronica pesa meno di 10 kg e si fa intendere che e’ vicino alla morte.
La lettera conclude con la richiesta di una donazione secondo le proprie possibilita’ economiche, informando che bastano appena 20 sterline per assicurare l’alimentazione di due settimane ad un bambino gravemente  malnutrito e permettergli di soppravvivere.
Nella lettera e’ inserito un link (http://www.merlin.org.uk/appeals/the-crisis?utm_medium=email&utm_source=Merlin&utm_campaign=0611+Food+Crisis+Emergency+Appeal+-+enews&utm_content=Watch-our-video&dm_i=5IV,GNPE,1C4WTC,1CVJG,1) dove si invita a visionare un video sul tema. Per curiosita’ l’ho visto e manco a farlo apposta ci sono altri bambini sempre africani e sempre ridotti a pelle e ossa.
Andando sul sito della Ong nella pagina dedicata alla campagna contro la malnutrizione(https://donate.merlin.org.uk/Global-Food-Crisis-Appeal?utm_medium=email&utm_source=Merlin&utm_campaign=0611+Food+Crisis+Emergency+Appeal+-+enews&utm_content=Donate&dm_i=5IV,GNPE,1C4WTC,1CVJF,1)  vi sono altre due foto di bambini africani.
La prima ritrae un bambino che azzanna una scodella di cibo con la cieca rabbia di chi non mangia da giorni.
La seconda ritrae un bambino sceletro che riceve cure mediche (probabilmente da personale della Ong).
La terza ripete la foto di Salomon utilizzata nella email.
Segue il tariffario delle donazioni: 60 sterline (66,56 Euro) per formare un assistenza sanitario comunitario che si occupera’ dei bambini malnutriti, 40 sterline (44,37 Euro) per assicurare assistenza sanitaria per i bambini malnutriti e 20 sterline (22,19 Euro) per alimentare un bambino gravemente malnurito per due settimane.
Vecchie vergone e nuovi inganni.
Sono anni che le ONG e, qualche volta, le Agenzie ONU utilizzano foto di bambini africani malnutriti per le loro raccolte fondi.
L’obiettivo e’ chiaro: proporre immagini shock al consumatore per vendere il prodotto che in questo caso e’ la donazione alla Ong.
In questi ultimi anni gli esperti di pubblicita’, pagati milioni di euro per ideare queste campagne, hanno constatato che gli appelli generici non sono piu’ efficaci. Quindi camuffano l’appello generico come un appello personalizzato sotto forma di lettera come se fosse rivolto ad una persona che si conosce o ad un amico.
La lettera inizia con il nome della persona a cui e’ indirizzato l’email.
I nomi vengono ottenuti sia dal data base delle richieste di lavoro archiviate nelle risorse umane delle Ong sia dall’acquisto di pacchetti di nominativi da agenzie internet specializzate.
Spesso queste campagne puntano sul pietismo e sulla commozione delle persone al fine di spingerle a mettere le mani al portafoglio.
Gli esperti pubblicitari, in accordo con le direzioni delle Ong, rivolgono al potenziale consumatore messaggi falsificati.
Se esaminiamo l’appello di questa Ong Inglese notiamo che lascia una illusoria liberta’ d’offerta, secondo le proprie possibilita’ finanziarie per poi proporre un listino prezzi comoposto da tre quote di finanziamento che vanno da un minimo di 22 euro ad un massimo di 66 euro.
Le tariffe sono abbinate a delle azioni umanitarie, formare il personale locale, offire cure sanitarie e attivare un programma di alimentazione per i bambini malnutriti.
Al consumatore si garantisce che con l’esatta somma proposta per la donazione verra’ assicurata la copertura finanziaria per fare una di questre tre attivita’, a sua scelta.
Gli esperti del settore conoscono bene per ogni singola attivita’ descritta vi sono innumerevoli varianti di costo a secondo della tipologia dell’intervento, del paese, dello stato del paziente, del costo dei lavoratori nel paese e via dicendo. Eppure questa Ong e’ categorica e le ciffre di finanziamento tonde.
Al consumatore si nasconde un dettaglio importante: per la maggioranza dei casi queste attivita’ rientrano in progetti gia’ finanizati dai vari Enti Finanziatori: ECHO, Comunita’ Europea, UNHCR, PAM, UNICEF, etc., quindi i soldi per portare avanti queste attivita’ sono gia’ disponibili.
Allora dove vanno a finire i soldi delle donazioni?
I soldi delle donazioni rientranti nel fund rusing (colletta di fondi) non obbligano le Ong a presentare un dettagliato bilancio di spese per giustificare il loro utilizzo allo scopo dichiarato come invece sono obbligate dagli Enti Finanziatori.
Per la maggior parte dei casi queste donazioni vengono utilizzate per coprire le spese delle sedi centrali delle Ong in Europa: affitto immobile, spese personale, cancelleria ufficio, luce, acqua, gas, spese di trasporto e logistiche.
Se la campagna e’ stata particolarmente “proficua” parte delle donazioni vengono utilizzate per coprire le stesse spese di cui sopra che gli uffici regionali nel Terzo Mondo devono affrontare.
Normalmente gli Enti Finanziatori non riconoscono le spese per le sedi centrali e regionali come eleggibili nella rendicontazione progettuale, quindi le donazioni sono necessarie per coprire questi famosi costi non eleggibili.
Ma, attenzione, se la campagna va male, le vostre donazioni serviranno a coprire in parte o totalmente la fattura presentata dalla ditta pubblicitaria incaricata di promuoverla e niente di piu’.
L’inganno nell’inganno.
Spesso le foto che serviranno per queste discutibili campagne pubblicitarie vengono scattate durante operazioni umanitarie all’insaputa del beneficiario e dei suoi genitori. Non credo che una madre che ha portato suo figlio in un centro nutrizionale abbia l’accortezza di chiedere quale utilizzo verra’ fatto della foto scattata a suo figlio che sta morendo.
Spesso queste foto vengono scattate da giovani operatori umanitari senza l’obiettivo di utilizzarle per le campagne pubblicitarie ma per creare un dossier fotografico per il progetto o per memoria personale.
In ogni contratto le Ong inseriscono il copyright (diritti d’autore). Ogni video, foto o registrazione realizzate da operatori umanitari sotto contratto sono di proprieta’ della Ong. Quindi per le campagne pubblicitarie spesso le sedi delle Ong non devono neppur affrontare le spese per un fotografo e cameramen professionale. Semplicemente utilizzano il materiale audio visivo e fotografico dei loro operatori umanitari.
E’ palese che questo modus operandis viola diverse leggi internazionali: dal diritto alla privacy al diritto di autore.
Sarebbe consolatorio pensare che queste neffandezze si limitino a questa Ong inglese. Al contrario e’ moneta corrente tra varie Ong internazionali comprese molte Ong italiane.
Come l’antico motto consiglia non bisogna pero’ fare di tutta l’erba un fascio.
Esistono Ong che evitano queste discutibili campagne di raccolta fondi edingaggiano fotografi professionisti per fare dei reportage fotografici che testimoniano le loro attivita’ umanitararie che non ledono la dignita’ dei beneficiari.
In Italia due tra i fotografi professionisti piu’ famosi nel campo umanitario e che svolgono il loro lavoro non sfruttando le disgrazie umane ma esaltando l’orgoglio e la sensibilita’ dei beneficiari sono: Lorenzo dell’Uva  (http://www.facebook.com/home.php#!/delluva) specializzato in foto di bambini e donne e Laura Salvinelli (http://www.laurasalvinelli.com/) ritrattista o, come definisce se stessa: “reportrait”.
Giusto per curiosita’ la foto del mio avatar su Facebook e’ una foto di Lorenzo scattata nel 2008 in un campo profugo nel sud del Ciad.
La reazione dei Paesi Africani.
In alcuni Paesi Africani come l’Uganda, il Ruanda, il Kenya e la Tanzania parlamentari e settori della societa’ civile stanno aprendo un dibattito sull’operato di varie Ong ai fini pubblicitari e di lucro.
In questi Paesi si stanno studiando proposte di legge da presentare ai rispettivi Parlamenti che impediscano alle Ong locali e internazionali questo utilizzo di materiale fotografico e aduovisivo, con l’obiettivo di proteggere la dignita’ dei propri cittadini o dei profughi ospitati nel loro paese.
Auspicandoci che queste proposte di legge vengano completate, presentate ed approvate nei Parlamenti di questi Paesi Africani, una domanda sorge di dovere: non e’ il caso di varare simili leggi anche nei nostri Paesi?