sabato 24 settembre 2011

Nelle tasche della Curia i soldi della ricostruzione

di Giuseppe Caporale
Fonte Repubblica
Così il vescovo D'Ercole raccomandava i progetti della Onlus "Solidarietà e sviluppo" che avrebbe truffato 12 milioni destinati al dopo sisma dal sottosegretario Giovanardi. Il gip chiede due arresti e scrive: occorrono altre indagini sul ruolo dei vescovi in questa storia.

L'AQUILA - Il vescovo ausiliare dell'Aquila Giovanni D'Ercole si raccomandava al sottosegretario Carlo Giovanardi per ottenere i fondi del terremoto. Anzi, per farli ottenere ad una onlus ("Solidarietà e Sviluppo") fondata dalla stessa diocesi dell'Aquila, dietro la quale, secondo la Procura si nascondeva una truffa. Una truffa per sottrarre 12 milioni di euro dal bancomat miliardiario della ricostruzione dell'Aquila. Una truffa per la quale ieri sono state arrestate due persone (tra cui il segretario generale della Onlus, Fabrizio Traversi nominato proprio dai vertici della diocesi) e indagate altre tre (compreso il sindaco di San Demetrio dei Vestini, Silvano Cappellini). L'obiettivo era quello di ottenere i "fondi Giovanardi", quelli che il sottosegretario era riuscito ad accantonare nel "decreto Abruzzo" per la ricostruzione. 


Fondi destinati a progetti "per la famiglia e per il sociale" sui quali ci fu uno scontro con il Comune dell'Aquila. Il sindaco Massimo Cialente riteneva che dovessero essere destinati in parte (circa tre) per ristrutturare un centro anziani (al quale, poi, vennero effettivamente assegnati) e a un'altra ristrutturazione (per nove milioni) di un complesso nel centro storico. Su questa fetta, invece, si erano accentrate le mire della fondazione di origine curiale "Solidarietà e Sviluppo" i cui progetti, però, risultarono non conformi alla normativa. Cialente lo disse pubblicamente e attaccò anche Giovanardi quando, nel luglio del 2010, sembrava che la onlus stesse riuscendo nei suoi intenti truffaldini. Proprio dalle affermazioni del sindaco è partita l'inchiesta.


Giovanardi risulta coinvolto in quanto i progetti della Onlus facevano riferimento al suo dipartimento della famiglia. Lo stesso senatore si lamentava pubblicamente del fatto che questi soldi che non venivano spesi. E il secondo arrestato, Gianfranco Cavaliere, è proprio un politico legato a Giovanardi. E così, dalle intercettazioni si scopre che mentre pubblicamente Giovanardi si lamentava dei ritardi della ricostruzione e dell'assegnazione dei fondi, al telefono invece si dava da fare per farli ottenere alla onlus della Curia. Come si evince da una intercettazione tra lo stesso vescovo D'Ercole e Giovanardi. " Volevo soltanto dirti questo: siccome è ovvio che con questo nostro progetto probabilmente daremo fastidio a qualcuno, faranno un po' di questioni. Mi raccomando: tieni la barra ferma..." chiede D'Ercole.


"Ma ti immagini! Ma io ho solo bisogno che voi... cioè, che chi mi può dare il disco verde che è il commissario di governo mi dica "spendi" e io vengo lì con i soldi cash..." risponde Giovanardi. E D'Ercole "Noi.. noi in settimana ti diamo tutti i progetti nostri, pronti".


Giovanardi: "e certo.. bravo.. altro che carriole o non carriole.. scusami, altro che popolo delle carriole. Ce l'ho qua i soldi... che alla fine... veramente una cosa incredibile. Comunque, io aspetto ancora un po', poi risollecito il commissario, se magari tramite Cavaliere (uno degli arrestati, ndr) che è qua e poi dico "amico, io ho polemizzato con il sindaco, ma a me non mi fa mica (..) lo schieramento politico, eh! Se devo polemizzare con uno del Pdl ci penso due secondi, ma proprio non me ne può fregare di meno". Da notare che proprio D'Ercole si farà fotografare con il popolo della carriole all'interno del centro storico, mentre con la pala cerca di rimuovere le macerie.


E Giovanardi a nome del dipartimento alla famiglia, nello stesso periodo, firmava anche una lettera di "congruità" per i progetti della Fondazione. Sollecitava poi anche il presidente della Provincia Antonio Del Corvo, affinché intervenisse. Ma l'appoggio del sottosegretario non era sufficiente, occorreva quello del commissario alla ricostruzione Gianni Chiodi  -  che seppure del Pdl  -  alla fine non appoggerà mai l'iniziativa. E  la truffa così non andrà in porto. Eppure, i due arrestati avevano tentato in tutti i modi di raggiungere il loro obiettivo. Cavaliere al telefono parlava anche di come utilizzare i fondi del terremoto per la politica: "perché l'associazione Democratici Cristiani è un'associazione per gestire i 5 milioni di euro, parte dei 5 milioni di euro che Carlo (Giovanardi, ndr) c'ha sulla Fondazione".


Scrive il giudice per le indagini preliminari Marco Billi nell'ordinanza di custodia cautelare: "il senatore Giovanardi, da quanto risulta al momento, è stato sostanzialmente "utilizzato" dagli indagati, i quali hanno saputo fare leva sulla evidente volontà dello stesso di utilizzare i fondi, strumentalizzandone gli interventi di carattere politico nel tentativo di convogliare tutti o parte dei fondi sulla loro fondazione. Si è visto come al sottosegretario venissero fornite informazioni sull'evolversi della vicenda sapientamente filtrate e distorte, per spronarlo ad assumere atteggiamenti utili per il conseguimento dell'illecito fine prefissato. Si può in proposito ritenere che proprio lo stretto collegamento di Cavaliere con Gio vanardi (dovuto alla medesima matrice politica di riferimento) abbia fornito  concrete possibilità operative agli indagati".


Molto più dure le considerazioni del Gip sul ruolo della Curia e sui due vescovi dell'Aquila: "Si ritiene, in ogni caso, che il ruolo dell'arcidiocesi (ed il particolare dei vescovi Molinari e D'Ercole) debba essere ulteriormente approfondito nell'ulteriore corso delle indagini preliminari, al fine di accertare il livello di consapevolezza che gli stessi hanno avuto degli effettivi propositi degli indagati. Sotto tale profilo, infatti, è da rilevare che tanto l'associazione Aquila Città Territorio quanto la Fondazione hanno la propria sede presso la Curia arcivescovile aquilana, che l'arcivescovo Molinari ha partecipato al la Fondazione fin dall'atto costitutivo  e che Molinari e D'Ercole hanno partecipato personalmente all'incontro di Palazzo Chigi del 17.6.10 con il sottosegretario Giovanardi, Chiodi (commisario alla ricostruzione, ndr) De Matteis (vice presidente del consiglio regionale abruzzese, ndr) e Cialente (sindaco dell'Aquila, ndr)". Quindi, seppure allo stato i due vescovi non sono indagati, il Gip sul loro ruolo nella vicenda chiede indagini più approfondite.


Laconiche le considerazioni finali sul ruolo della stessa onlus della Curia da parte del giudice: "In nessuna di tali conversazioni si è potuto evidenziare un passaggio, un apprezzamento, una considerazione, una valutazione in ordine al merito dei progetti. I diversi progetti appaiono, infatti, considerati esclusivamente sulla base del relativo referente politico nonché sul grado di priorità che può essere loro riconosciuto in considerazione del possibile tornaconto economico e politico personale degli indagati. Manca, all'evidenza, una seppure generica e formale attenzione alle finalità concrete dei progetti, all'utilità per la popolazione, all'esigenza di creare una ragionata e consapevole scala di priorità delle esigenze, per utilizzare nel migliore modo possibile i fondi in esame. I diversi organi istituzionali coinvolti non sembrano operare in accordo tra loro né risulta esistente una struttura di raccordo tra gli stessi che possa comporre eventuali contrasti ed armonizzare le rispettive esigenze. Al contrario è evidente che tali organi operino in competizione tra loro  ed il riferimento alla "guerra", seppure considerata politicamente, non appare troppo lontano dalla realtà"



venerdì 23 settembre 2011

Truffa "fondi Giovanardi", la Fondazione “Abruzzo solidarietà e sviluppo” al centro dello scandalo

I Vescovi Molinari e D'Ercole si dimisero qualche settimana fa
di Marco Signori
Fonte: Abruzzo24ore.tv


Avevano costituito una serie di Onlus collegate tra loro che facevano capo ad una unica Fondazione, la “Abruzzo solidarietà e sviluppo”, per intercettare e accaparrarsi quante più risorse possibili dei 12 milioni di euro messi a disposizione dal Dipartimento politiche della Famiglia della Presidenza del Consiglio dei ministri per interventi legati alla ricostruzione del tessuto sociale. Scuole, spazi di aggregazione, sedi di associazioni.
Sono i cosiddetti “Fondi Giovanardi”, ribattezzati così perchè stanziati dal Dipartimento che fa capo al sottosegretario Carlo Giovanardi. E la fondazione, è quella che fa riferimento anche alla Curia aquilana, fino a qualche settimana fa presieduta dal vescovo Giuseppe Molinari e dall'ausiliare Giovanni D'Ercole.
Nei guai sono finite cinque persone, due di loro agli arresti domiciliari: Fabrizio Traversi, 62enne romano, la mente della truffa, e Gianfranco Cavaliere, 36enne dell'Aquila, figlio del capogruppo Pdl in Consiglio comunale e referente provinciale dei Popolari liberali: sì, proprio il movimento politico del sottosegretario Carlo Giovanardi. Entrambi uomini chiave della Fondazione costituita dalla Curia assieme ad alcuni Comuni del comprensorio, ma non quello dell'Aquila.
Nella corposa ordinanza di custodia cautelare trovano grande spazio le trascrizioni delle intercettazioni telefoniche, dalle quali emerge come i due si paragonassero ai protagonisti della serie tv “Attenti a quei due”.
L'inchiesta è nata con l'audizione di Massimo Cialente, ascoltato in Procura un anno fa come persona informata dei fatti, a seguito della vivace polemica che era nata tra il sindaco e il sottosegretario, con quest'ultimo che sollecitava continuamente l'immediato utilizzo dei fondi e le repliche del primo cittadino del capoluogo i cui contenuti hanno messo la pulce all'orecchio agli inquirenti.
Numerosi – secondo il procuratore Alfredo Rossini – i soggetti istituzionali ingannati o inconsapevolmente strumentalizzati da Traversi e Cavaliere.

giovedì 22 settembre 2011

MILANO. Attenzione alle truffe e alle finte raccolte di denaro nel nome di don Gnocchi

di Fondazione Don Gnocchi
Fonte: VITA



le modalità di sostegno economico a favore della Fondazione Don Gnocchi sono: bollettino postale, bonifico bancario, assegno, carta di credito, 5 per mille


Attenzione alle truffe e alle finte raccolte di denaro nel nome di don Gnocchi. Numerosi amici e cittadini residenti in provincia di Milano hanno segnalato alla Fondazione Don Gnocchi di aver ricevuto in queste settimane telefonate da sconosciuti che si sarebbero qualificati come operatori della Fondazione Don Gnocchi incaricati di organizzare una presunta raccolta fondi per una “commemorazione” della beatificazione di don Carlo Gnocchi e di Papa Giovanni Paolo II.


In realtà non esiste alcuna iniziativa del genere e la Fondazione invita tutti gli interessati a non dare alcun credito a chi si presenta in questo modo.


Oltre a ricordare la necessità di segnalare questi episodi alle autorità competenti (Carabinieri o Polizia), viene ribadito che le modalità di sostegno economico a favore della Fondazione Don Gnocchi restano esclusivamente quelle indicate nella sezione “Come sostenerci” del sito internet www.dongnocchi.it (bollettino postale, bonifico bancario, assegno, carta di credito, 5 per mille, lasciti testamentari ecc.).

La mia Africa tradita dalle Ong


di Antonio Giuliano

«Progetti, appelli, finanziamenti… Ma la mia Africa non è quella dipinta da tante Ong e dai proclami dell’Onu». Dal cuore del Continente Nero arriva lo sfogo amaro di un uomo che da quasi vent’anni condivide con gli africani un destino beffardo. 

Padre Aurelio Gazzera, 49 anni, carmelitano scalzo, che oggi vive e lavora a Bozoum (Centrafrica), assiste ormai da tempo ad appelli surreali. L’ultimo firmato dall’Onu denunciava la pratica dei bambini soldato nella Repubblica Centroafricana: «Ma è un fenomeno molto limitato – spiega il religioso - a parte nell’Est del paese, dove l’LRA dell’Uganda è presente da un paio d’anni. In realtà come succede anche per altri paesi africani,  molti organismi devono mantenere uffici e personale (tra l’altro strapagato) per cui inventano progetti su temi che sanno essere facilmente finanziabili: bambini soldato, violenze sessuali, genere (gender)… ».

L’amarezza è acuita dal fatto che i veri problemi vengono ignorati: «La Repubblica Centroafricana è agli ultimi posti delle liste dello sviluppo e della qualità della vita. Ha vissuto anni molto bui: la dittatura di Bokassa (l’imperatore) fino al 1978, poi quella di Kolingba, fino al 1994, e poi la presidenza (veramente disastrosa) di Patassè: il paese era arrivato al collasso, con un paio di tentativi di colpo di stato all’anno, violenze e saccheggi, i salari dei dipendenti pubblici non pagati… Ora la situazione è più tranquilla, ma molte zone del paese sono in mano ai ribelli». Ma due su tutte sono le sfide più urgenti: la scuola e la sanità. «Lo Stato – continua padre Gazzera - non riesce ad assumere e a pagare gli insegnanti: i maestri statali sono meno del 20%! Il resto è assicurato dalla Chiesa Cattolica, oppure dai genitori degli alunni… E tra malaria, Aids e parassiti, la situazione sanitaria è difficile. Gli ospedali pochi, e per molti infermieri e medici è una miniera d’oro: tutto è a pagamento… e molti non riescono a pagare cure, medicine o interventi».
La sveglia di padre Aurelio a Bozoum (una piccola città a 400 km a Nord della capitale, Bangui) suona molto presto. «Alle 5 di mattina recitiamo le Lodi e celebriamo l’Eucarestia. Oltre alla Parrocchia, abbiamo un centro per 230 orfani, un dispensario (con annesso uno studio dentistico), un ufficio che coordina le attività agricole, una piccola Cassa di risparmio… E soprattutto le scuole (materna, asilo e scuola media qui in città, per circa 800 alunni; e altre 20 scuole nei villaggi per altri 1800 bambini). Sin dal mio arrivo mi ha stupito l’infinità di bambini (l’Africa è un continente giovanissimo: più della metà della popolazione ha meno di 18 anni), un serbatoio di speranza e di crescita. Quest’anno contiamo di aprire la prima liceo, e se possibile, un liceo agricolo, di cui c’è grande bisogno. Per la Chiesa l’educazione è sempre stata una priorità. Quando i primi missionari arrivarono a Bangui, nel 1894, la prima cosa che fecero fu quella di aprire una scuola: compravano i bambini schiavi, li liberavano e li inserivano tra i banchi…».

Una Chiesa giovane che ha già un buon numero di martiri, anche laici come il giornalista Raymond Dakè assassinato nella radio diocesana nel 2002: «Se rimani fedele al Vangelo, non ricevi tanti applausi. Dappertutto è così. Ma se qui critichi i potenti di turno la reazione può essere pericolosa. Eppure la Chiesa anche nei momenti peggiori ha sempre cercato di farsi voce di chi non ha voce. Il contributo di tanti missionari (padri, suore, laici) ha lasciato opere tangibili (chiese, scuole, ospedali). E ogni anno abbiamo circa un centinaio di nuovi battezzati in parrocchia e quasi 300 nei villaggi. C’è molta vivacità ed entusiasmo che si esprime anche nelle splendide liturgie domenicali. Nonostante la piaga della stregoneria che colpisce con processi sommari e interpella in profondità la fede delle persone».

Ma ancora una volta l’apporto di alcune Ong può essere fuorviante: «Il Centrafrica è falcidiato dall’Aids: l’aspettativa di vita è scesa sotto i 40 anni. Per decenni non ci sono state campagne di informazione e ora abbiam raggiunto livelli preoccupanti (oltre il 14%). Per questo da tempo abbiamo corsi di educazione sessuale in tutte le scuole cattoliche, e organizziamo incontri specifici con i giovani e gli adulti. Formare le coscienze è un lavoro lungo, ma che inizia a dare i frutti. Ma come possiamo debellare l’Aids se alcune Ong continuano a distribuire preservativi a pioggia? In una scuola ho trovato scatole vuote di preservativi dappertutto. Mi è stato detto che un’Ong ne aveva distribuiti 3 ad ogni maschietto. Come sensibilizzazione, si erano limitati a spiegare come si usano… Cosa fa un giovane che se li trova in mano? Va a provarli… a volte riusandoli, e questo al di là di un sano discorso sulla bellezza, la ricchezza e la responsabilità della sessualità… Senza dimenticare gli interessi economici di chi li produce…». 

Agli occhi di chi vive sul campo le disparità tra Sud e Nord del mondo pare necessario un cambio di rotta nel modo in cui l’Occidente si approccia all’Africa: «Mi chiedo: quanto sinceramente c’è di altruistico in parte della Cooperazione e dell’intervento umanitario?  Quanti soldi rientrano nelle casse dei donatori? Alcune grandi Agenzie dell’Onu consumano in stipendi e amministrazione tra il 70 e l’80%, e parte del materiale acquistato proviene da ditte dei paesi donatori. E in che misura l’aiuto ha creato una mentalità di assistenzialismo, che limita ed inquina molti rapporti tra Nord e Sud?». Domande che non hanno nulla a che fare con l’ideologia no global antioccidentale: «Ci mancherebbe. Non possiamo che essere riconoscenti all’Occidente per gli scambi culturali, la formazione e gli aiuti di questi ultimi decenni. L’Africa ha la sua parte di responsabilità. Troppo spesso, gli aiuti sono stati dirottati nelle tasche dei potenti e a volte hanno rinforzato dittature ingiuste e sanguinarie. La difficoltà più grande è scontrarsi proprio con autorità che invece di avere a cuore la crescita e il bene comune sono più interessate alle proprie tasche».

È una realtà a cui il cuneese padre Aurelio non si rassegna perché questa terra gli entrata dentro. A vent’anni quando era ancora “giu ma l’ai” (giovane come l’aglio), come ama dire in piemontese, era già in Centrafrica per uno stage di un anno. E l’impatto mise dura prova anche un aitante carmelitano scalzo di un metro e novanta: «Niente telefono, la posta a singhiozzo, le comunità di altri missionari a minimo 120 km… E poi la malaria, il caldo, la missione saccheggiata dai ribelli… Ma io sono “testun” come i piemontesi: ho un po’ di difficoltà a riuscire a scoraggiarmi». Ma c’è una ragione più grande: «Qui ho scoperto quanto Dio mi ama, e quanto ama l’Uomo. Mi alzo tutte le mattine con la voglia di ringraziare. Perché se do da mangiare a qualcuno che ha fame, è già qualcosa. Ma se posso dargli il Cibo vero, Gesù, io gli do tutto! Ed è un privilegio più grande di ogni fatica. Quando arrivai in Africa mi colpì una frase che trovai scritta su una casa: “Si Dieu veut, je ferai ce que je veux”, “Se Dio vuole, farò quello che voglio”».

lunedì 19 settembre 2011

Crisi economica, etica del lavoro e sfruttamento del volontariato

di Mario Nejrotti
Fonte. Torinomedica.com



La situazione socio economica del nostro Paese sta mutando insieme a quella del Pianeta.Nulla sembra più sicuro e prevedibile.
Le variabili si sono scatenate nel loro capriccioso fluire, spinte da interessi e situazioni diverse e spesso insanabilmente contrastanti.


Il bisogno di benessere e la ricerca della felicità nel mondo occidentale hanno raggiunto, incalzati dal mercato, livelli di guardia.
Il consumo sfrenato di beni, che mantiene questo modello economico in piedi, ha cominciato a dilagare nel mondo povero alla ricerca di nuovi mercati, provocando la crisi di tradizioni e modelli diversi di vita, che per secoli avevano mantenuto, se pur precari, equilibri sociali.


In questi ultimi anni è palese la crisi di un sistema che ha confuso per decenni crescita finanziaria con sviluppo economico e che si è disinteressato del mondo del lavoro vero, inteso come strumento concreto e misurabile, capace di produrre beni e servizi per la soddisfazione equilibrata dei bisogni di tutta la popolazione.
La nostra economia occidentale è in crisi e, se il modello attuale non troverà una soluzione alternativa, la povertà, che ora incomincia ad affacciarsi nel nostro quotidiano, sarà una realtà devastante e destabilizzante.
L’Italia sta mutando pelle e, da “Paese di Bengodi”, visto attraverso l’occhio degli spot televisivi e miraggio per masse disperate di povera gente di altre latitudini, sta diventando una nazione povera, che industriale non può più tornare ad essere e che difficilmente ritroverà la strada di una economia contadina che, se pur modernizzata, soddisfi il bisogno crescente di occupazione alternativa. Un Paese che per altro sta continuando inesorabilmente a sperperare e distruggere le sue uniche risorse: la meravigliosa natura e il patrimonio artistico-culturale.
In questa sfrenata corsa al benessere i lavoratori, produttori di beni e servizi appunto, stanno progressivamente perdendo, spinti dalla necessità e dalla cultura imperante, la componente etica e di servizio insita nel lavoro.
Tale componente non deve essere intesa esclusivamente come attività altruistica e disinteressata, elemento fondamentale, ma non unico.
Occorre riflettere anche sull’orgoglio del lavoratore a svolgere bene il proprio lavoro, per il valore intrinseco che esso ha e per la soddisfazione che il buon risultato genera in lui.
La diffusa insoddisfazione economica e normativa nel mondo del lavoro e il coinvolgimento anche dei settori più specializzati e dirigenziali in questo ridimensionamento, ha fatto sì che sempre meno la qualità e l’etica del lavoro abbiano importanza.
Sulla dequalificazione progressiva, fatte salve le eccezioni, sicuramente sempre presenti in ogni fenomeno generale, stanno lucrando i sistemi di potere pubblici e privati.
“Il lavoro costa troppo e non è competitivo, i lavoratori sono scansafatiche, aspettano solo lo stipendio, il pubblico non è contento dei prodotti e servizi : quindi pagare sempre meno e aumentare il carico di lavoro è l’unico sistema per salvare l’economia nazionale.”
Nel settore sanitario, socio assistenziale e culturale, da sempre terreno di “incursione” del potere per effettuare tagli facili e vantaggiosi per le mal gestite casse dello Stato, l’idea che chi lavora non ci mette abbastanza “cuore” è ormai convinzione radicata e mantra ossessivo per i media.
I lavoratori medici, infermieri, operatori socio assistenziali, veterinari, insegnanti, operatori di ogni settore culturale sono mestieranti, che non danno soddisfazione agli utenti e rubano lo stipendio.
E allora succede che un fenomeno sociale di per sé buono e degno del massimo rispetto viene a trovarsi in inconsapevole sinergia con questa ipocrita strategia politica: il volontariato.
I volontari proprio in campo sociale, assistenziale, sanitario e culturale vanno a riempire, meritevolmente, ma pericolosamente, quel vuoto di investimenti che fanno di questi settori un capitolo forte delle economie sane e lungimiranti.
I volontari sono virtuosi, si occupano della persona, sono disinteressati, sono molto motivati e soprattutto, non chiedono denaro per quello che fanno, perché i soldi per vivere arrivano loro da un’altra parte.
E così essi occupano, a basso costo, ogni anfratto occupazionale che il sistema trascura, non comprende, snobba o solamente reputa non produttivo.
Ecco allora che una nazione povera, con una fame insaziabile di posti di lavoro si affida sempre di più al volontariato, che ormai spazia in settori che superano anche i confini sopra citati.
Un paese in grave crisi con una disoccupazione giovanile impressionante, che genera uno spreco insanabile di potenzialità intellettuali e operative di una intera generazione, affida attività delicatissime a brave persone che piano, piano si convincono di essere le sole adatte a far funzionare un sistema che invece subdolamente e furbescamente le sfrutta.
Questa situazione poteva essere tollerata in una economia solida e ricca, che dava lavoro a tutti, ma in una nazione come la nostra ogni possibile forma di occupazione deve essere utilizzata e affidata ai tecnici di quel settore.
Professionisti da cui la società naturalmente deve pretendere motivazione, partecipazione e umanità, ma che deve essere pronta a gratificare, premiando il merito e investendo nei settori chiave, che sempre necessitano di sostegno, per non divenire terreno della sola buona volontà dei singoli, della carità pubblica o peggio dominio della più spregiudicata imprenditoria privata, che fa della possibilità di guadagno l’unico metro della qualità professionale e della scelta della clientela.
Professionisti motivati e capaci e un volontariato consapevole della situazione socio economica, che lavora insieme e non al posto dei tecnici, sono l’unica soluzione utile in questo momento storico.
Per dare un primo segnale di una nuova alleanza tra professioni e volontariato, la speranza è che a Roma il 13 ottobre, in occasione della grande manifestazione di tutte le sigle sindacali dei medici italiani, siano presenti per solidarietà le associazioni di volontariato dei malati e dei cittadini, per far comprendere che, non tagliando i finanziamenti, ma curando la qualità dei servizi si evitano gli sprechi e si migliora l’offerta.
Su questo stesso argomento si legga anche l’articolo “La solitudine dei numeri secondi”, di Franco Bomprezzi, diretto responsabile di “Superando.it”. (Vedi il link: http://www.superando.it/content/view/7852/112/” http://www.superando.it/content/view/7852/112/)

mercoledì 7 settembre 2011

Aiuti alimentari rubati alle vittime della carestia

di Shafi’i Mohyaddin Abokar 
fonte ipsnotizie.it


MOGADISCIO, 6 settembre 2011 (IPS) - Un'indagine ha rivelato che una grande quantità di cibo destinato alle vittime della carestia in Somalia è stato rubato. 



"Ci sono molti casi di corruzione nel giro degli aiuti umanitari, ed è per questo che sto chiedendo l'istituzione di un gruppo speciale di controllo - che includa i somali e gli stessi stranieri", ha detto a IPS il parlamentare somalo Prof. Ali Mahmoud Nur. 


Il governo somalo promette di licenziare tutti i 16 commissari distrettuali coinvolti e accusati del furto degli aiuti alimentari, e di creare una forza speciale di polizia con il compito di garantire la sicurezza durante la distribuzione degli aiuti alimentari. 


Queste misure sono state annunciate quando si è diffusa la notizia di scontri e uccisioni durante la distribuzione del cibo alle vittime della carestia nei campi profughi. Ma potrebbe non essere sufficiente per prevenire i furti ed è stato chiesto al governo di istituire un' unità di prevenzione che assicuri una corretta distribuzione.


Ogni giorno tonnellate di aiuti alimentari arrivano a Mogadiscio da tutto il mondo per le vittime della carestia. 


Almeno cinque voli cargo dalla Turchia e dal Kuwait arrivano ogni giorno, così anche da Gibuti, Sudan e Iran. Mercy USA, Diakonie Emergency Aid Bread for the World - Germania e Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati sono tra le agenzie che distribuiscono aiuti nella capitale. 


Nur sostiene che il furto degli aiuti alimentari è talmente diffuso che è necessario istituire un gruppo speciale di controllo delle riserve. Cittadino statunitense con origini somale, Nur ha stretti legami con il capo del Parlamento del Paese Sharif Hassan Sheikh Aden e con il presidente Sheik Sharif Sheik Ahmed e ha esaminato lui stesso i rapporti sull’appropriazione indebita di aiuti umanitari.


Oltre 100mila persone sono fuggite dalla siccità e dalla carestia dalla Somalia meridionale verso la capitale del Paese in cerca di cibo e di aiuti negli ultimi mesi. Molti hanno camminato a piedi per settimane, senza cibo né acqua, e hanno perso i propri cari e i figli troppo deboli e malnutriti per sopravvivere al difficile viaggio. Le Nazioni Unite hanno stimato che il numero totale di sfollati interni a Mogadiscio è attualmente di circa 470mila.


Ma la loro speranza di trovare aiuto nella capitale è diminuita dopo che i funzionari sono stati coinvolti nel furto di aiuti alimentari. "E' molto chiaro che alcuni funzionari guadagnano illecitamente sui prodotti alimentari ricevuti - sto chiedendo loro di fermare questo pessimo comportamento dannoso anche per la loro stessa dignità", ha detto Nur.


In occasione della pacifica manifestazione a Mogadiscio del 23 agosto, il primo ministro somalo Abdi Weli Mohamed Ali e il governatore della regione, Mahmoud Ahmed Nur, hanno ammesso che gli aiuti alimentari erano stati rubati in alcune zone della capitale e hanno promesso di affrontare la questione. 


Un funzionario del governo, che ha chiesto l'anonimato, ha detto che il governo ha intenzione di licenziare tutti i 16 commissari distrettuali di Mogadiscio. 


I commissari distrettuali sono stati accusati di numerosi reati, tra cui quello di collusione con i responsabili dei campi profughi per il furto di cibo. Tuttavia, nessuno è stato ancora ufficialmente accusato. 


A Mogadiscio i commissari distrettuali sono ex membri influenti dei clan sono stati nominati dal governo per le vicinanza ai clan locali. 


Hanno le loro leggi. Il 3 settembre nel distretto di Bulohubey, a Mogadiscio, le milizie del commissario distrettuale Ahmed Adow Anshur (meglio conosciuto come Ahmed Daai) si sono scontrate con i soldati del Governo Federale di Transizione. Tre militari sono stati uccisi. Alcune fonti sostengono che è altamente improbabile che il Governo di Transizione del Paese sia in grado di cacciare i commissari distrettuali, alcuni dei quali sono "potenti signori della guerra". 


Ma Abdullahi Mohamed Shirwa, che dirige l'Agenzia governativa somala per la Gestione dei Disastri (DMA), con il compito di coordinare gli aiuti a Mogadiscio, ritiene che gli aiuti alimentari siano gestiti correttamente.


La maggior parte delle agenzie umanitarie internazionali distribuisce gli aiuti per conto proprio, mentre la DMA gestisce il cibo donato da vari governi internazionali. 


"Ci sono state alcune tonnellate di aiuti alimentari provenienti dal Kuwait che sono state consegnate ai rifugiati tramite la mia agenzia - posso confermarvi che abbiamo gestito bene e che sono finite nelle mani delle persone realmente bisognose", ha detto. E ha aggiunto che gli aiuti alimentari che arrivano in Somalia soddisfano soltanto il 10 per cento circa del fabbisogno del Paese. 


Ma ha ammesso che sono stati fatti degli errori in alcuni campi per rifugiati a Mogadiscio. 


Il 22 agosto tre vittime della carestia sono state uccise in un campo sfollati nel distretto di Waberi a Mogadiscio, mentre altre quattro sono rimaste ferite dalle forze governative che hanno aperto il fuoco durante la distribuzione degli aiuti alimentari. Waberi è il primo porto di scalo a Mogadiscio per i rifugiati fuggiti dalle loro case nel sud colpito dalla siccità. Ma non è il primo caso di rivolta per il cibo. Il 5 agosto dieci persone sono state uccise durante una sommossa nel campo di Badbaado - il più grande campo per i rifugiati della città. 


Shirwa ha ammesso che ci sono state segnalazioni di furti e saccheggi di aiuti alimentari in alcuni campi a Mogadiscio, ma crede che circa il 95 per cento della distribuzione dei cibi sia stato ben gestito. 


I problemi saranno risolti non appena il governo somalo istituirà una speciale forza di Sicurezza che si occuperà di rafforzare il controllo sugli aiuti alimentari nei campi, ha detto Shirwa. 


Le nuove forze di Sicurezza saranno operative il più presto possibile, ma ancora non è stata fissata una data. Lavoreranno giorno e notte nei controlli di routine attorno ai campi profughi e nelle strade della capitale per assicurare il corretto svolgimento delle operazioni umanitarie. 


I soldati sono attualmente posizionati intorno ai centri di distribuzione dei cibi, ma alcune bande e forze di polizia sono state accusate di aver aggirato i controlli e di aver rubato aiuti alimentari. 


Amina Yusuf, madre di quattro figli che vive nel campo profughi nel distretto di Waberi, ha detto che il loro cibo viene sistematicamente rubato da uomini armati.


"Il furto di aiuti alimentari si verifica qui almeno due volte a settimana - non sappiamo cosa fare",ha detto Amina. Ma non è solo a Mogadiscio che il cibo non viene consegnato alle persone bisognose. Mahmoud Dahir Farah, responsabile dei soccorsi di Mogadiscio e di altre due regioni meridionali colpite dalla siccità, Bassa Shabelle e Medio Shabelle, ha detto che il suo ufficio aveva raccolto prove sulla cattiva gestione degli aiuti alimentari. Farah, che è stato nominato dal governo somalo per coordinare le operazioni di soccorso in queste regioni, ha detto che purtroppo le persone in difficoltà non stavano ricevendo gli aiuti alimentari come previsto. 


"Sto invitando i vertici somali ad affrontare questo problema, perché la distribuzione di aiuti alimentari è mal gestita a Mogadiscio e questo è un problema che deve essere risolto al più presto". 


Ha anche chiesto che i soldati responsabili della morte degli sfollati nel campo di Badbaado all'inizio di questo mese e nel quartiere di Waberi il 22 agosto siano processati.


L'ONU ha stimato che oltre 3,6 milioni di persone in Somalia hanno attualmente bisogno di assistenza umanitaria d’emergenza nella regione che si trova nel mezzo della più brutale siccità degli ultimi 60 anni.

lunedì 5 settembre 2011

Spagna. Usava una falsa ONG come copertura per i soldi


Fonte Madrid Press
Traduzione Google Traduzioni e corretta rapidamente.
(suggerisci una traduzione migliore)




Agenti della Polizia Nazionale hanno arrestato una donna sospettata di almeno 18 reati di frode, più un numero imprecisato di crimini contro i diritti dei lavoratori, minacce e usurpazione di stato civile nel distretto di Puente de Vallecas, attraverso la copertura di una presunta organizzazione non governativa (ONG).
Come riportato dalla Questura di Madrid, l'indagine è iniziata lo scorso giugno, con l'arrivo alla stazione di Puente de Vallecas di diverse denunce simili contro il presunto truffatore, Yolanda FF 


Pare che sia stato pubblicizzato tramite volantini e pubblicità in vari giornali e siti web, offrendo corsi di estetica gratuiti, e una volta conquistato la fiducia delle vittime, abbia chiesto il pagamento di 60 euro per finanziare il corso e i materiali utilizzati. 


Aveva dichiarato  alle loro vittime che l'importo richiesto, oltre a coprire il corso, avrebbe dovuto aiutare i bambini malati. Altre volte, l'importo richiesto è stato di quantità molto maggiore, con le scuse più improbabili. 


A seguito di numerose lamentele da parte delle vittime sulla qualità e contenuto del corso, Yolanda FF rispose offrendo la possibilità di un lavoro come insegnanti, che avrebbe pagato con una retribuzione mensile tra 800 e 1.600 euro per lavorare due giorni alla settimana, ma che avrebbero dovuto pagare un deposito tra 300 e 600 euro. 


Diverse le giovani donne sono andate quindi a lavorare per mesi senza ricevere alcuno stipendio, previdenza sociale.


Dopo molti sforzi, gli investigatori hanno scoperto che i corsi attualmente chiusi si sono tenuti presso un distretto di Madrid Puente de Vallecas, ma era abitualmente residente nella città di Aranjuez. Ai primi di luglio gli agenti l'hanno arrestata e messa a disposizione dell'autorità giudiziaria. 


La ricerca è stata effettuata dal Gruppo di Polizia Giudiziaria di Ponte di Vallecas, con l'aiuto degli agenti di polizia di Aranjuez, entrambi appartenenti alla Questura di Madrid.