mercoledì 3 febbraio 2010

Ong afghane contro gli aiuti: “Non vanno al paese e aumentano la corruzione”

Fonte: Redattore Sociale

Sette delegate della società civile in rappresentanza di 80 organizzazioni umanitarie guidate da donne lanciano l’allarme sulla destinazione degli aiuti: “solo il 5% va ai progetti per le donne”. Selay Ghaffar di Hawca: “le nostre vite sempre a rischio”.
Londra – Mentre la diplomazia internazionale si riunisce nella capitale inglese per finanziare con un fondo internazionale il piano di riconciliazione con i Talebani decido da Karzai e dagli Stati Uniti, le sole donne afghane presenti alla conferenza internazionale criticano la politica degli aiuti attuata dalla comunità internazionale. “Gli aiuti non stanno andando all’Afghanistan, ritornano indietro ai paesi ‘donatori’ attraverso gli stipendi corrisposti ai militari e ai contractors per la sicurezza”, denuncia Washma Frogh, esponente dell’Afghan women network, presente alla Conferenza di Londra. “E’ davvero frustrante che niente sia cambiato per noi dopo 8 anni di guerra”, dice a margine dell’incontro parlando della situazione delle donne a Kabul e nel resto del Paese. Sotto accusa il sistema dei Prt (Provincial reconstruction team), con i militari che si occupano direttamente della ricostruzione attraverso attività Cimic, di cooperazione civile e militare. “I Prt non sono adeguati alla ricostruzione, non conoscono i veri bisogni della gente e le persone li rifiutano perchè li vedono come soldati, inoltre la qualità dell’aiuto è davvero bassa”. E sulla corruzione dilagante, l’attivista afghana è lapidaria: “Il 70% del budget governativo viene dall’estero, dunque devo dire che l’aiuto internazionale ha creato maggiore corruzione”.
Sono sette le delegate della società civile che tra poco presenteranno un documento al vertice dei 60 paesi ospitato alla Lancaster House. Le attiviste dell’Afghan Women Network rappresentano 80 organizzazioni non governative guidate da donne in Afghanistan, di cui 20 più grandi e il resto titolari di piccoli progetti. Tutte operano in una situazione di grave pericolo. “Le nostre vite sono a rischio per due motivi – denuncia Selay Ghaffar dell’ong ‘Humanitarian Assistance for the Women and Children of Afghanistan’ – la società civile ancora non accetta il nostro ruolo e non abbiamo un sostegno reale da parte della comunità internazionale. Basti pensare che solo il 5-7% degli aiuti è diretto a progetti per le donne, noi pensiamo dovrebbe essere almeno il 20-25%”.
Aumento degli aiuti internazionali per lo sviluppo economico oltre alla sicurezza da un lato e lotta alla corruzione del regime politico attualmente al potere sono due dei focus del vertice ospitato dal primo ministro inglese Gordon Brown. Due giorni fa, otto organizzazioni umanitarie impegnate nel Paese, Oxfam, Actionaid, Afghanaid, Care Afghanistan, Christian Aid, Trocaire, Concern e il Consiglio norvegese per i rifugiati (Nrc), hanno diramato un documento che denuncia la ‘militarizzazione’ degli aiuti. Rivolgendosi agli oltre 60 ministri degli Esteri partecipanti all’incontro di oggi, le Ong si sono espresse contro “l’utilizzo da parte delle forze militari internazionali degli aiuti come arma non letale”, con azioni umanitarie e militari di breve respiro che “forniscono una soluzione più temporanea che duratura” e sono “motivate dagli interessi politici dei donatori” e da obiettivi di sicurezza a breve termine. 

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